Terapie intensive, l’allarme degli anestesisti: “Rischio collasso, ecco quando”

La variante Omicron contribuisce alla nuova ondata di contagi. E secondo Aaroi-Emac, l’associazione degli anestesisti, le terapie intensive potrebbero non reggere.

Terapie intensive piene
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La progressione di Omicron riporta in alto l’indice dei contagi e lancia un serio campanello d’allarme in tutta Europa. E l’Italia, nonostante il quadro sia ancora sotto controllo, gli effetti rischiano di farsi sentire. Non solo nell’immediato ma anche a lungo termine. Di fatto, il nostro Paese si trova a dover affrontare una nuova ondata di contagi, fra Covid e variante Omicron, tanto da rendere concreta la possibilità che, da qui a qualche settimana, le terapie intensive tornino a livelli di saturazione. A lanciare l’allarme è il presidente nazionale dell’Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac), Alessandro Vergallo, che ad AdnKronos ha commentato la risalita dell’indice di contagio.

E il quadro complessivo che ne è venuto fuori è tutt’altro che confortante. Di questo passo, infatti, c’è il concreto rischio che, nell’arco di tre o quattro settimane, le ospedalizzazioni nei reparti di terapia intensiva tornino a mettere in crisi l’intero comparto. Un lasso di tempo che, secondo Vergallo, è dettato da ragioni precise: “È il tempo che passa tra un contagio, la progressione della malattia severa, il ricovero e poi la terapia intensiva”. Ecco perché, da qui a metà gennaio, vi è la concreta possibilità che i posti letto in rianimazione siano tutti occupati.

Terapie intensive, i numeri: perché c’è il rischio collasso

A ormai due anni dall’inizio della pandemia, l’idea di potersi ritrovare nuovamente in una situazione di emergenza ospedaliera è decisamente sconfortante. Le terapie intensive sembrano però viaggiare in questa direzione, considerando che secondo i dati diffusi da Agenas, l’Italia ha già raggiunto il 12% dell’occupazione, andando già oltre la soglia considerata critica (10%). L’unica soluzione, secondo gli anestesisti, è il rispetto delle misure prese dal Governo per limitare la diffusione di Omicron. Qualora sortissero gli effetti sperati, la situazione potrebbe quantomeno essere maggiormente diluita nel tempo. Alcune Regioni, però, sembrano più in sofferenza di altre. E già oggi si registrano picchi preoccupanti.

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Numeri alla mano, come spiegato da Vergallo la maggior parte dei ricoveri nelle terapie intensive riguarda pazienti non vaccinati. Perlomeno nella misura del 75-80%. Alcuni dei quali, pur nella gravità della situazione, continuerebbero a mantenere la propria idea sull’argomento: “Poi c’è anche chi alla fine capisce che ha sbagliato a non vaccinarsi”. L’ipotesi di un lockdown per i non vaccinati, misura peraltro già impiegata in altri Paesi, non sembra per ora una possibilità concreta. Anche se, secondo Aaroi-Emac, avrebbe mostrato in Germania un’efficacia maggiore rispetto ad altre misure quali la riduzione della quarantena per i contatti di un positivo. Certo è che una decisione simile sarebbe estrema e con conseguenze riflesse sul tessuto economico e sociale. La progressione dei contagi, però, è di nuovo a livelli  preoccupanti.

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