I dati raccolti dalla Camera di Commercio di Roma sono piuttosto preoccupanti. Il Covid ha spazzato via molte attività italiane e ha portato ad un aumento dei minimarket stranieri
Le attività made in Italy stanno andando sempre più scomparendo in favore di quelle straniere. Un esempio calzante in tal senso è quello di Roma dove ormai la maggior parte dei minimarket sono gestiti da cittadini esteri.
A testimoniare il trend capitolino ci sono i dati raccolti dalla Camera di Commercio di Roma, che ha analizzato la situazione negli ultimi 2 anni, ovvero da quando è arrivata la pandemia nel Bel Paese.
Minimarket stranieri: ecco perché sono più resistenti alla crisi rispetto a quelli italiani
Il raffronto è a dir poco imbarazzante. Il Covid ha portato alla chiusura di ben 196 attività gestite da connazionali e al contempo all’apertura di 221 nuovi bazar bengalesi. Nonostante le restrizioni e i lockdown, queste attività hanno conosciuto una nuova fioritura.
Un andamento che non riguarda esclusivamente le zone del centro storico, bensì anche quartieri più disparati, come Val Melaina (zona Montesacro). Insomma, sempre più insegne esotiche a scapito di quelle tricolori.
In pratica su 172mila presenti sul suolo romano, il 26,9% è guidata da nativi stranieri. In proporzione una ditta su quattro fa capo ad imprenditori non italiani e una su cinque è in mano ad extracomunitari. Per un terzo sono cittadini del Bangladesh, che puntano per di più sugli ormai famosi minimarket, all’interno dei quali si può trovare praticamente di tutto.
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Alla base di questo successo ci sono vari fattori, tra cui la possibilità di pagare gli ingenti affitti capitolini (soprattutto nelle aree più celebri) e i prezzi stracciati per quanto concerne gli alcolici. Vien da sé, che sempre più giovani figli della Citta Eterna, preferiscano passare una serata dal “Bangla” (neologismo in auge negli ultimi anni a Roma) piuttosto che in un pub gestito da un italiano.
La possibilità di “sbronzarsi” con pochi euro d’altronde è piuttosto allettante, soprattutto per i ragazzi in età scolastica e universitaria, che non possono contare su chissà quali finanze.