Il contratto di locazione diventa fondamentale nella ripartizione delle spese di condominio fra proprietario e inquilino. Ecco perché.
Un argomento sempre scottante quello delle spese condominiali. La ripartizione, infatti, è per antonomasia il punto focale di ogni discussione fra i vari inquilini. Chiaro, difficilmente si verificano scene alla Fantozzi (o almeno si spera) ma i livelli di disputa possono raggiungere toni particolarmente aspri. Se non altro perché, molto spesso, non è ben chiaro dove finiscano gli obblighi dei conduttori (quindi gli inquilini) e inizino quelli del locatore, ossia il proprietario di un immobile in affitto. Sì, perché uno stabile può costituirsi, parimenti, di appartamenti affittati o acquistati. E se gli obblighi dei proprietari sono abbastanza chiari, diverso è il discorso per quel che riguarda gli affittuari.
L’articolo 1576 del Codice Civile parla di un criterio generale, ovvero che il locatore debba eseguire le riparazioni necessarie escluse la piccola manutenzione. Sarà l’inquilino, quindi, a dover sostenere le spese ordinarie di manutenzione, mentre le straordinarie saranno ad appannaggio del proprietario dell’immobile. E’ la legge sull’equo canone a stabilire quali siano le spese considerate ordinarie, a meno che non vi siano accordi diversi stipulati nel contratto d’affitto. Si va dalle pulizie alla manutenzione ordinaria dell’ascensore, dall’acqua alla fornitura elettrica, spurgo e gestione degli spazi comuni. Stesso discorso per le spese eventuali di portineria, a carico dell’inquilino per il 90%.
Il concetto della ripartizione è abbastanza semplice. L’inquilino, infatti, è tenuto a pagare il servizio di ciò che utilizza. E attenzione, poiché evitare di onorare le spese in questione, potrebbe consentire al proprietario dell’appartamento di chiedere lo scioglimento del contratto. A meno che, come detto, non vi siano accordi ulteriori stabiliti all’interno del contratto d’affitto. Sta di fatto che anche il proprietario ha degli obblighi verso il condominio, qualora l’immobile in affitto ne faccia parte. In questo caso, il criterio di ripartizione si applicherà in merito al rapporto contrattuale. Dal quale resta estraneo per l’appunto il condominio, con il proprietario che resterà unico soggetto obbligato in merito alla ripartizione delle spese. In pratica, qualora non vi fosse il pagamento da parte dell’inquilino, l’amministratore potrà agire anche contro il locatore.
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La morosità delle spese condominiali, quindi, finirebbe per gravare non sull’inquilino ma sul proprietario. Gli oneri saranno per questo ad appannaggio di quest’ultimo, con tanto di giurisprudenza in merito. Anche in questo caso, però, ci si poggia su concetti generali. Le due parti, infatti, possono decidere diversamente sulla base di specifiche clausole contrattuali. Per questo il proprietario, in caso di inadempienza, potrà sempre rivalersi sul conduttore, ovvero l’affittuario dell’immobile. Qualora l’amministratore, in caso di insolvenza del condomino, decida di richiedere al proprietario la morosità, questi potrà richiedere direttamente all’inquilino le spese spettanti, qualora il contratto di locazione lo preveda. Resta il fatto che, sul tema della ripartizione, vige l’obbligo per l’amministratore di interfacciarsi sempre con il locatore piuttosto che con il conduttore. A prescindere dalla natura contrattuale dell’accordo.