Brutte notizie in arrivo per i lavoratori che si ritroveranno a dover fare i conti con delle pensioni che risulteranno sempre più povere. Ecco cosa c’è da aspettarsi.
Alimentazione, bollette delle varie utenze domestiche, tempo libero, istruzione dei figli e tanto altro ancora. Diverse sono le volte in cui ci ritroviamo a dover mettere mano al portafoglio, in modo tale da pagare i vari beni e servizi. In tale ambito, pertanto, a rivestire un ruolo importante è il lavoro che ci consente di attingere proprio ai soldi necessari per poter effettuare i vari pagamenti. Allo stesso tempo non si può negare come spesso, proprio l’attività lavorativa, si riveli essere fonte di problemi.
Da qui nasce il desiderio di molti di poter finalmente andare in pensione, in modo tale da staccare la spina. Proprio in tale ambito, però, giungono brutte notizie per i lavoratori, in quanto si ritroveranno a dover fare i conti con delle pensioni che risulteranno sempre più povere. Un vero e proprio scenario da incubo, quello che si prospetta per il sistema pensionistico italiano, con molti che si chiedono quanto si perde con il trascorrere del tempo. Entriamo quindi nei dettagli e vediamo cosa c’è da sapere in merito.
Pensioni sempre più povere, l’ultimo terribile incubo: cosa c’è da sapere
Tra i traguardi più importanti della propria vita si annovera senz’ombra di dubbio la pensione. Proprio soffermandosi su questo tipo di trattamento economico, qualche tempo fa abbiamo visto che molti non sanno che prenderanno un mini assegno. Un vero e proprio scenario da incubo, quello che si prospetta per il sistema pensionistico italiano, tanto da chiedersi quanto si perde con il trascorrere del tempo.
In tale ambito, infatti, è bene sapere che più passa il tempo, più le pensioni saranno basse. Come noto, infatti, ogni anno che passa si assiste ad una diminuzione del peso del sistema retributivo, a favore di quello contributivo. Il calcolo retributivo puro, infatti, è ormai un lontano ricordo e per questo, ad oggi, la maggior parte delle persone che vanno in pensione fanno riferimento al sistema misto. Una situazione che riguarda anche i lavoratori che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, ma che hanno maturato meno di 18 anni di contributi entro tale anno.
Pensioni sempre più basse, occhio al sistema di calcolo: retributivo, contributivo o misto
Diversi sono i fattori da dover prendere in considerazione per determinare l’importo della pensione. Tra questi, ovviamente, si annovera anche l’anno in cui si va in pensione. Ma non solo, è bene ricordare che l’importo di tale trattamento economico risulta differente a seconda che venga utilizzato come metodo di calcolo il sistema retributivo, piuttosto che quello contributivo oppure quello misto.
Nel primo caso, ricordiamo, il calcolo viene effettuato considerando gli stipendi degli ultimi cinque anni di lavoro. Il sistema contributivo, come si intuisce dal nome, prende in considerazione solo i contributi versati. Il sistema misto, invece, si presenta come un sistema ibrido, in grado di combinare i due sistemi precedenti. Entrando nei dettagli, infatti, quello misto si base sul sistema retributivo per i versamenti effettuati prima del 1° gennaio 1996. Si base sul contributivo, invece, per quelli versati dopo tale data.
Pensione, attenti all’assegno: quanto si perde con il sistema misto
Come facilmente intuibile, quindi, con il trascorrere del tempo l’assegno pensionistico risulta sempre più povero. Questo in quanto vengono considerati meno contributi versati con il sistema retributivo rispetto a quello contributivo. Proprio il sistema retributivo, d’altronde, risulta più vantaggioso rispetto a quello contributivo. Essendo quello misto una combinazione dei due, ecco che è facile intuire il motivo per cui le pensioni saranno sempre più basse.
A parità di età e contributi versati, infatti, chi va in pensione nel 2022 percepirà un assegno più basso rispetto, ad esempio, a chi ci è andato nel 2021 oppure prima. Questo in quanto, come già detto, con il passare degli anni i versamenti con sistema retributivo avranno un peso minore.
A titolo di esempio, come riportato da Investireoggi, se un lavoratore ha versato i contributi in modo continuativo per gli ultimi 40 anni, potrà vantare 25 anni di lavoro a partire dal 1996 e 15 anni di lavoro fino al 1995. Chi è andato in pensione l’anno scorso, invece, ha potuto far valere 24 anni di contributi versati dopo il 1996 e ben 16 anni entro la fine del 1995.
Un anno maturato in più nel sistema retributivo che finisce per avere un peso importante al fine della determinazione dell’assegno pensionistico. Quest’ultimo, pertanto, risulta più alto, rispetto a chi andrà in pensione nei prossimi anni.