Redigere un business plan efficace può sembrare un’impresa impossibile. Ma tutti possono farlo, basta seguire poche regole.
Il business plan è un documento per sua natura dinamico. Può servire come chiave di lettura della propria azienda e per fare un quadro su obiettivi, strategie, potenzialità e punti deboli della stessa. Ma è conosciuto soprattutto come mezzo per ottenere finanziamenti o per accedere a bandi che offrono vari tipi di agevolazioni. È dunque necessario saper redigere il business plan in base alla finalità di utilizzo. Contrariamente a quello che si può pensare, però, non è un tipo di documento riservato “a pochi”. Tutti possiamo fare un efficace business plan. Ecco qualche tips and tricks per scriverlo in maniera professionale.
Sicuramente chi ha un’attività imprenditoriale, o intende avviarla, ha sentito parlare di business plan. Sembra quasi che venga considerato come una sorta di “biglietto da visita” da presentare ogni qual volta possa far ottenere qualcosa. Un riconoscimento o un prestito, ad esempio. In realtà, il business plan è un tipo di documento molto articolato, per il quale non esiste nemmeno una regola di scrittura. Facendo una semplice ricerca online, è facile imbattersi in miriadi di tutorial su come redigere un business plan “vincente”. Quasi fosse una schedina del lotto. Ma se si approfondisce, si nota che gli schemi proposti sono molto (forse troppo) articolati, di difficile comprensione e soprattutto di dubbia applicazione a quella che è la singola realtà.
Teoricamente, dunque, il business plan può essere redatto con qualsiasi strumento si preferisce (digitale, cartaceo o un mix tra le due modalità). L’importante è che all’interno di esso vi siano tutti quei parametri e informazioni utili a pianificare la strategia dell’azienda, la mission della stessa e gli obiettivi da raggiungere nel breve e nel lungo periodo, con chiari calcoli finanziari.
Si può affermare senza ombra di dubbio che il business plan sia uno strumento molto diffuso nelle start-up. Viene utilizzato per dimostrare ai potenziali finanziatori che l’idea imprenditoriale funziona ed è realizzabile economicamente. In pratica, si certifica che l’azienda sarà in grado di restituire il denaro che sta chiedendo in prestito e anche a realizzare un utile adeguato. In realtà redigere un documento di questo tipo può aiutare l’imprenditore in qualsiasi fase della vita dell’azienda. Per controllare l’andamento, per ampliare l’assunzione di personale, così come per un cambiamento di destinazione eccetera. E
cco che la vera utilità di un business plan non è meramente quella di andare a “dimostrare” qualcosa, ma anche e soprattutto un modo per mettere nero su bianco la propria realtà. Semplicemente, facendo riflettere sulla bontà di un progetto, sul fatto che esistano o meno strategie per arrivare a determinati obiettivi, e dando l’opportunità di mettere ordine alle idee. Il business plan, in questo contesto, diventa uno strumento per calcolare con maggior precisione cosa si può ottenere dal progetto e di conseguenza a prendere le corrette decisioni per attuarlo.
Una volta compreso qual è l’uso che si intende fare del business plan, ovvero ottenere un finanziamento oppure analizzare l’andamento dell’idea imprenditoriale in essere, si può cominciare a redigere il documento. Come accennato poco sopra, non esiste una regola generica da seguire, e la stesura finale di un business plan può assumere svariate forme. Ma ci sono alcuni elementi “di base”, diciamo così, che non possono assolutamente mancare in questo importante documento. Si può dunque impostare il business plan in 2 sezioni principali: la prima diverrà una parte descrittiva mentre la seconda sarà caratterizzata dai “numeri”.
La prima parte andrà a contenere la delineazione del progetto – più o meno articolata – e l’analisi del mercato di riferimento, evidenziando le opportunità e anche le problematiche dello stesso. Si andranno ad individuare il target clienti e i competitor, ovvero le realtà concorrenti; ma anche i canali di vendita/comunicazione che si intende utilizzare, e una strategia di differenziazione dalle realtà similari. Non deve mancare ovviamente la descrizione di come verranno impiegati beni/risorse e con quali mezzi verranno realizzati i prodotti/servizi.
Questa prima parte del documento potrà essere impostata in base al fine ultimo, che può essere la richiesta di finanziamento/accesso a bandi ma anche il recruiting di collaboratori: condividere la vision dell’azienda contribuisce sicuramente a trasmettere loro più fiducia nell’attività o progetto imprenditoriale, soprattutto se si tratta di una nuova impresa. Uno dei fattori fondamentali da considerare durante la stesura di questa prima parte del business plan è certamente riuscire a trovare chiarezza e capacità di sintesi. È sempre preferibile che un business plan sia breve e scorrevole, a chiunque sia destinato; meglio non superare le 15-20 pagine. Al limite, si possono fornire documenti in allegato.
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“Numeri alla mano”: si potrebbe sintetizzare così la seconda parte del business plan. In questa sezione dovranno infatti essere riportate le tabelle dei costi e dei ricavi che si prevedono per l’attuazione del progetto, e ovviamente di quali sono gli investimenti necessari a raggiungere gli obiettivi. Un esempio pratico potrebbe essere la esposizione grafica del piano vendite, dei costi di produzione, delle spese per la strategia di marketing e dei costi fissi – affitti e utenze ad esempio – nonché delle spese per collaboratori, consulenti eccetera.
Con tutte queste informazioni disponibili, si può andare a costruire la parte finale del business plan, ovvero quella in cui si quantifica l’utile effettivo previsto nell’anno o negli anni successivi alla partenza concreta del progetto. Oltre a stimare gli utili, elaborando efficacemente il business plan si avranno “in automatico” le quantificazioni sulle risorse che servono. E quando si ha davanti un quadro così chiaro, non resta che andare a trovare le fonti idonee al reperimento di suddette risorse. Le fonti, infatti, possono essere svariate e molto diverse tra loro: si può fare affidamento ad esempio a utili o risparmi pregressi, a prestiti di familiari e amici – nonché di proventi da crowdfunding – da parte di istituti bancari oppure di risorse reperibili da fonti di finanziamento agevolato per le imprese o da contributi a fondo perduto, o ancora, dall’accesso di nuovi soci che porterebbero il loro contributo e le risorse necessarie.