Tradizionalmente considerati uno strumento sicuro, anche i BTP risentono del momento storico sfortunato. L’inflazione gioca un tiro mancino.
Nonostante il periodo di incertezza, con tanto di dubbi su quanto e come spendere per le feste di Natale, gli strumenti di investimento restano uno dei più importanti come antidoto anti-crisi. Il periodo di tredicesima, infatti, corrisponde a un ristoro per le spese relative alle festività. Almeno tradizionalmente. Diverso il discorso per quel che riguarda i BTP, ovvero i titoli di Stato utili a investire il proprio denaro e a ottenere una rendita in base all’andamento dei tassi. Trattandosi di forme di investimento tutto sommato sicure, la tendenza è quella di concedere loro fiducia. E il rendimento arriva di conseguenza.
I BTP sono, di fatto, delle soluzioni di rendimento sul reddito fisso, in grado di generare rendimenti a lunga scadenza, più o meno elevati in base all’andamento dei tassi. Alcuni titoli possono offrire i propri rendimenti a 3 o 6 anni, altri persino a 12. Al di là delle motivazioni che spingono all’investimento, il risparmiatore sembra prediligere i titoli di Stato rispetto ad altri strumenti, proprio per la loro maggiore sicurezza e per la possibilità di immettere sul mercato finanziario anche somme contenute. Ottenere delle cedole periodiche potrebbe comunque essere una buona soluzione alla lunga, specie se l’andamento di mercato favorisce una discreta percentuale di rendita.
BTP a 3, 6 0 12 anni: ecco quanto possono fruttare
Anche sotto Natale conviene pensarci. Magari destinando parte di quella tredicesima proprio su un investimento piuttosto che su una spesa più effimera. Un BTP a scadenza, infatti, costituisce un approdo abbastanza sicuro, al riparo dalle maggiori percentuali di rischio. Il che li rende uno strumento che ben si attaglia ai propri risparmi, o quantomeno a una parte di essi. I rendimenti del mese di novembre sembrano comunque aver risentito della problematica dell’inflazione in salita. Secondo i dati di Bankitalia, infatti, il RendiBOT è stato pari a –0,625%. Per quanto riguarda la fascia 12-18 mesi, ci si è attestati al -0,485%, mentre per quella fra 19 e 30 mesi sul -0,352%. I BTP fra i 12 anni e 7 mesi e i 20 anni e 6 mesi di residuo hanno fatto registrare un +1,363%. Un indicatore abbastanza chiaro sul fatto che, a lunga scadenza, le prospettive restano migliori.
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Come detto, un ruolo decisivo lo sta giocando l’inflazione. Il rendimento medio è stato negativo a novembre, ovvero il mese che più di tutti, finora, ha fatto registrare le più elevate discrepanze fra costi e potere d’acquisto. In sostanza, in questo momento storico, un investimento a lunga scadenza andrebbe a premiare di più rispetto a un BTP a stretto giro. Almeno in teoria, considerando che al guadagno lordo andranno sottratte ritenuta fiscale (12,50%) e commissioni bancarie. Un quadro che non incoraggia, ora come ora, a un investimento in questo settore. Perlomeno non entro i tre anni. Al di sopra si potrebbe tentare il rischio.