Salario minimo, scatto finale: cosa cambia davvero per i lavoratori

Ok del Consiglio europeo all’iter per l’approvazione del salario minimo in Ue. Via libera anche dai ministri del Lavoro. In Italia resta la proposta dei Cinque stelle.

Salario minimo europeo
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Per ora il via libera è solo per i negoziati. Tuttavia, il Consiglio europeo getta un’importante basa di apertura per l’introduzione del salario minimo, ovvero l’importo base che i datori di lavoro dovranno elargire ai propri dipendenti. Una somma variabile da Paese a Paese che, ora come ora, non è considerata sufficiente per riuscire a tenere sotto controllo le spese quotidiane. Il nuovo meccanismo, proposto dalla Commissione europea, mira proprio a colmare il gap, attraverso un iter negoziale che coinvolgerà direttamente il Parlamento europeo. Dal quale, peraltro, arrivano le precisazioni circa la natura del salario minimo europeo.

Secondo i numeri forniti proprio dall’Europarlamento, nel 2018 i numeri erano impietosi: su 10 lavoratori, infatti, ben 7 avevano avuto difficoltà a sostenere le spese minime, proprio in virtù della discrepanza sul salario minimo. Per questo il Consiglio europeo ha approvato l’avvio dell’iter per l’introduzione di un importo sul quale possano convergere i vari Paesi. Un dialogo che ha ricevuto il beneplacito anche dei ministri del Lavoro e delle Politiche sociali dei Paesi membri, riuniti per deliberare proprio in merito al salario minimo. La mossa avvia a tutti gli effetti l’iter per l’approvazione.

Salario minimo, la nuova strategia dell’Europa

L’obiettivo, come dichiarato dal presidente di turno del Consiglio Ue, Janex Cigler Kralj, è raggiungere “un’equa retribuzione” per tutti i lavoratori europei. La possibilità più concreta è quella di raggiungere una normativa quadro che possa in qualche modo promuovere dei livelli salariali adeguati. Evitando, al contempo, di produrre circostanze come quella del 2018. La retribuzione equa, in questo senso, dovrebbe garantire un tenore di vita perlomeno dignitoso. Secondo i ministri, il rafforzamento dovrà essere in direzione della contrattazione collettiva la quale, se inferiore al 70%, dovrebbe essere accompagnata da un’ulteriore programmazione.

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Per quanto riguarda l’Italia, vige la proposta del Movimento 5 stelle. Ovvero, estensione del salario minimo a tutti i tipi di lavoratori, sia del settore pubblico che privato, inclusi i lavoratori domestici, gli intermittenti, gli atipici, gli apprendisti e i tirocinanti. L’Italia, infatti, resta ancora fuori dei confini del salario minimo, mentre in altri Paesi europei la misura vige ma in base agli andamenti interni. I gap sono anche molto ampi, visto che si va da 332 euro vigenti in Bulgaria fino ai 2.202 del Lussemburgo. Differenze che dipendono in buona parte anche dal costo della vita. Le tipologie, invece, variano fra salario minimo legale (ovvero regolato da statuti o leggi) o determinato da un contratto collettivo, ovvero accordi fra sindacati e datori di lavoro. I quali, attualmente, vigono solo in sei Paesi (Italia inclusa). In base all’ultima proposta, almeno per il momento, non è stato stabilito ancora un livello base. Sarà probabilmente il prossimo step.

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