Non piacciono quasi a nessuno, eppure le monete più piccole sono denaro a tutti gli effetti. Su cosa si basa questo paradosso? Sembra questione di costi.
Monetine, centesimi, spicci, bronzini… Le monete di più piccolo taglio della valuta corrente, l’euro, non hanno mai goduto di buona fama. Anzi, più di qualcuno le ritiene superflue, quasi un fastidio, un ingombro per la parte del portafogli dedicata per l’appunto alle monete. Soprattutto quelle da 1 e 2 centesimi risultano, alla lunga, pressoché inservibili. Anche, paradossalmente, non tutti sembrano accettarle al momento di un pagamento in contanti. Un equivoco che, in effetti, sfiora proprio il paradosso. In fondo si tratta di denaro, per quanto di piccolo valore, legale a tutti gli effetti e valevole come tale.
Eppure, c’è chi persino arriva a buttarle a terra o a metterle in un salvadanaio tanto per non doversele portare dietro. Secondo alcuni dati statistici, la loro diffusione è piuttosto normale: per ogni cittadino dell’Unione europea, ci sarebbero circa 140 monete. Ma sono sempre gli europei ad alzare il pressing affinché smettano di invadere i portafogli. Addirittura il 65% non le vorrebbe più fra i piedi (sondaggio di Eurobarometro nel 2019). Ma si tratta davvero di monete inutili?
Monete da 1 e 2 cent: le ragioni dell’accantonamento
E’ vero che si tratta di denaro a tutti gli effetti. Ma è vero pure che alcuni Paesi, fra i quali l’Italia, hanno già limitato il ricorso alle monete da 1 e 2 centesimi per i pagamenti, arrotondando per eccesso fino a 5. I rapporti indicano un uso unidirezionale di tali monete e con un basso tasso di rendimento alle banche centrali nazionali, a fronte di un aumento di emissione. Questo significa che tali valute restano pressoché inutilizzate. Anche per questo si viaggia nella direzione della rimozione, visto anche che la Commissione europea pare averci rimesso ben 1.400 milioni con la produzione dei bronzini più piccoli.
Per restare all’Unione europea, subentrano in questo caso anche le sue politiche ambientali. Per produrre i cents vengono utilizzati acciaio, rame, acqua e prodotti chimici, senza contare la spesa per l’imballaggio. Dal 2002 a oggi ne sono state prodotte 46 milioni per 7 mila tonnellate di rame. Secondo il Centro spagnolo di informazione sul rame (Cedic), avrebbero potuto essere realizzati 260 mila tubi per l’acqua potabile o 230 mila abitazioni con impianti elettrici. Al momento, del loro ritiro si parla soltanto. Ma è improbabile che si proceda su questa direzione: la scelta, attesa per il prossimo dicembre, è se ridurne i costi di produzione o interromperla del tutto, lasciando però la libertà di utilizzarle. La palla è in mano alla Commissione.