In caso di divorzio, il coniuge economicamente più debole potrà percepire l’assegno anche se nuovamente convivente. Ma solo parzialmente.
Probabilmente è una domanda che, implicitamente e anche se non li riguarda direttamente, si faranno in tanti. L’assegno di mantenimento percepito dopo un divorzio, può essere incassato anche nel caso si inizi una nuova convivenza? Dal momento che una recente sentenza della Corte di Cassazione sembra aver sciolto definitivamente il dubbio, la questione sembra spostarsi più su un piano etico. Le sezioni unite civili della Corte Suprema, infatti, hanno decretato che iniziare a convivere con un’altra persona non comporterà la perdita automatica e integrale del diritto.
In pratica, anche se dopo il divorzio l’ex coniuge inizierà una nuova relazione in pianta stabile, il diritto all’assegno di mantenimento non decadrà immediatamente, comunque non in modo totale. Resta il fatto che tale decisione non sarà priva di conseguenze. Gli Ermellini hanno infatti decretato che l’ex coniuge nuovamente in convivenza con un’altra persona, non potrà più reclamare la componente assistenziale dell’assegno. In pratica, resterà esclusivamente “il diritto alla liquidazione della componente compensativa dell’assegno”.
Divorzio, la sentenza sul mantenimento: la nuova “liquidazione”
Dunque, una prima risposta viene fornita, anche in modo abbastanza esauriente da parte dei giudici. Se l’ex coniuge inizia una nuova relazione in pianta stabile, con tanto di convivenza accertata giudizialmente, si procederà alla revisione dell’ammontare dell’assegno. In virtù, naturalmente, del “progetto di vita con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano”. Si procederà in sostanza all’erogazione per un periodo circoscritto alla capitalizzazione. Il tutto affidato alla mediazione di un magistrato, oltre che dei legali.
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L’assegno quindi resterà ma rivisto in base alle nuove condizioni di vita. Se il coniuge economicamente più debole dà luogo a una nuova convivenza, mantenendo però lo status di bisogno preesistente, manterrà il diritto sul contributo successivo al divorzio. Questo, dietro prova inconfutabile della sua contribuzione alla comunione familiare oppure di aver rinunciato a offerte lavorative in costanza di matrimonio. Questo perché, precisa la Cassazione, gli importi dell’assegno dovranno essere quantificati tenendo conto dei fattori di welfare e di altri come la durata del matrimonio. Per questo verrà mantenuta esclusivamente la componente compensativa.