I risultati dell’indagine di Legambiente sono molto chiari e spiegano quali sono i problemi della scuola italiana. I dettagli sul report del 2021 sul sistema dell’istruzione nel nostro Paese.
I dati che emergono dall’ultimo report scuola di Legambiente non sono confortanti. Infatti ci fanno capire con nettezza che la transizione ecologica nel mondo della scuola è ancora all’orizzonte. Molto più lontana di quanto si possa credere.
Quanto illustrato nel XXI rapporto Ecosistema Scuola, vale a dire la ricerca annuale di Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica, delle strutture e dei servizi messi a disposizione delle istituzioni scolastiche, sulla scorta dei dati forniti dai Comuni capoluogo di provincia, non lascia molti dubbi. Si conferma un’analisi utile sotto molti punti di vista.
Nel report 2021 i problemi più consistenti sono quelli rappresentati dallo stato dell’edilizia scolastica. Giusto per fare un rapido esempio, in Lombardia – di certo non tra le Regioni più arretrate del nostro paese – solo lo 0,5% degli edifici sono stati edificati secondo i criteri della bioedilizia (0,9% a livello nazionale). Il 10% sfruttano fonti di energia rinnovabile (16,7% del nazionale). Soltanto un numero scarso di edifici hanno varato soluzioni per la mobilità pubblica e sostenibile (8,3% usano il servizio scuolabus, 6,5% il servizio di linea scolastica. L’11,8% si avvalgono un servizio di pedibus o percorsi sicuri casa-scuola).
Non solo: è segnalata la presenza di una quantità eccessiva di plastica usa e getta in mensa. Ben il 33,1% delle mense scolastiche si servono di stoviglie monouso. Il 55,6% delle mense delle scuole della Lombardia che hanno partecipato all’indagine di Legambiente – le hanno di plastica.
Vediamo allora di seguito qualche altro dato interessante circa il report scuola 2021 Legambiente. Così avremo un quadro di sintesi su che cosa non funziona nel mondo scolastico italiano.
La fotografia scattata da Legambiente allo stato della scuola in Italia non fa che confermare una situazione consolidata. Infatti, le scuole italiane sono poco sicure e inefficienti sotto più punti di vista: si tratta di un quadro che, sulla scorta di dati oggettivi, non fa sconti. Emerge soprattutto l’enorme differenza tra il centro nord e il sud e le isole.
Pubblicata recentemente da Legambiente la XXI edizione di “Ecosistema Scuola”, abbiamo innanzi un dossier annuale molto dettagliato, che illustra la situazione di 7.037 edifici scolastici e dei servizi in 98 capoluoghi di provincia.
Emerge in particolare che le strutture scolastiche che abbisognano di interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza sono davvero tante. Come accennato, la vera spaccatura si registra però tra la qualità dell’edilizia scolastica del nord e centro Italia rispetto a quella del meridione. Questa differenza è diventata ancora più marcata a seguito delle conseguenze derivanti dall’accoppiata pandemia-lockdown: oggi il disagio sociale e l’abbandono scolastico sono aumentati, e non possono non collegarsi anche al problema della qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi.
Il report scuola di Legambiente è davvero dettagliato, visto il numero degli edifici e dei comuni coinvolti nell’iniziativa, ma colpisce anche il dato del numero di studenti che rientrano nel perimetro dell’indagine: ben 1.424.322.
Se è vero che le regioni del nord e centro Italia presentano un qualche miglioramento nella qualità delle strutture scolastiche e dei servizi offerti, quanto meno a livello di trasporti, mense e progetti educativi, conclusioni non identiche possono trarsi per quanto riguarda le scuole del sud Italia, in cui molti studenti sono esclusi addirittura dai servizi di base e soltanto il 16% degli istituti prevede il tempo pieno.
Altre percentuali significative sono le seguenti: il 56% degli edifici edificati in meridione ha bisogno di interventi urgenti, contro il 36% di quelli dell’Italia settentrionale. Un’altra differenza di rilievo tra Nord e Sud, che non può che riflettersi sulla qualità complessiva del sistema scolastico e della sua offerta di formazione agli studenti.
Alcuni giorni fa il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ha spiegato come avverrà la suddivisione dei fondi PNRR, rivolti al sistema scolastico. Sul tavolo vi sono 17 miliardi di euro, dei quali 5 in arrivo entro poco tempo, che per Legambiente è essenziale investire, partendo da questi tre obiettivi chiave:
Si tratta di tre obiettivi che si collegano tra loro e che appaiono prioritari per il futuro della scuola. Chiaramente buona parte delle risorse messe in campo con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza saranno sfruttate per la costruzione di nuovi edifici, palestre, strutture outdoor e mense scolastiche. Secondo le stime iniziali, si pensa che sarà in ballo un costo medio di 1,3 milioni di euro a scuola.
Tra i problemi più sentiti abbiamo i dati sulla sicurezza e sul conseguente rischio sismico per gli edifici scolastici. Rileva, e non stupisce, la netta divisione tra centro-nord e sud: nel meridione 3 scuole su 4 si trovano in aree a rischio sismico. Il rischio di terremoti è ben conosciuto nel nostro paese, ma poco è stato fatto – in ambito scolastico – per combatterlo.
I dati a livello nazionale chiariscono un quadro sconfortante: infatti nel nostro paese addirittura un edificio scolastico su due è privo di certificato di collaudo statico, agibilità e prevenzione incendi.
Non solo: ben il 41% necessita di interventi di manutenzione urgente. Mentre nel 2019 la percentuale era del 29%. In un paio d’anni vi è quindi stato un aumento in termini percentuali che desta non poca preoccupazione. Inoltre, soltanto lo 0,9 % dei nuovi istituti sono stati edificati seguendo criteri di bioedilizia e sono solo 387 quelli classificati in classe energetica A. Invece, più del 73% degli edifici si trova nelle ultime tre classi energetiche.
Nel corso del periodo più buio della pandemia sono stati fatti investimenti per mettere a punto nuove aule e potenziare la rete del web per la DAD “realizzata mediamente dal 61% dei comuni nelle scuole e il completo cablaggio della rete in più della metà degli edifici”, indica il report scuola 2021 di Legambiente.
Come accennato, nell’insieme i dati del report Ecosistema Scuola parlano di un totale di 7.037 edifici, di cui molti edificati prima degli anni ’70, ossia ben prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica e del collaudo statico. Ciò però chiaramente non giustifica il mancato adeguamento alle norme varate nel corso del tempo. Altro dato significato è il seguente: la verifica di vulnerabilità sismica è stata compiuta solo sul 15,5% degli edifici. E’ del tutto ovvio che molto ci sia da fare anche e soprattutto sul fronte della sicurezza.
Individuati i problemi, occorre risolverli con interventi ben calibrati. Le risorse del PNRR dovranno dunque essere spese soprattutto per riequilibrare i divari tra Nord e Sud. C’è bisogno di un sistema scolastico che sia complessivamente più evoluto e meno lontano dagli standard attuali di sicurezza. Per Legambiente, insomma, gli interventi messi in atto tramite le risorse del PNRR “debbono andare ad incidere in maniera significativa e non dispersiva su una emergenza diffusa come l’edilizia scolastica”. Le risorse debbono “essere usate prioritariamente per riequilibrare questi divari, investendo risorse finanziarie e tecniche (uno dei problemi più dirimenti è ancora la diversa capacità dei Comuni di reperire fondi e spenderli), dove ce n’è più bisogno per fragilità strutturale, come le aree interne più soggette a terremoti e a fenomeni di dissesto e per fragilità sociale legata alla povertà educativa e materiale, come le periferie urbane”.
Insomma, l’analisi lucida offerta dal report scuola di Legambiente deve essere seguita da risposte ed interventi altrettanto lucidi e mirati. Solo così i dati dei successivi dossier potranno essere migliori di quelli attuali.
In altri termini, le informazioni offerte da Legambiente ci fanno comprendere con nettezza che con i fondi del PNRR siamo soltanto all’inizio di un percorso. Gli investimenti devono essere costanti nel tempo, allo scopo di dare finalmente qualità e sicurezza al sistema scolastico italiano e a tutti gli studenti. Anche così il livello complessivo dell’insegnamento può migliorare. E si può aiutare a combattere il problema del disagio giovanile e dell’abbandono scolastico.
Strategica sarà anche la scelta di come e dove investire questi miliardi. In Italia restano ancora divari territoriali molto marcati sia nella manutenzione degli edifici che nella diffusione dei servizi.
Facciamo un ulteriore esempio, che ben rende l’idea del divario Nord-Sud quanto a situazione del sistema scolastico. Secondo i dati del report scuola di Legambiente – le classi a tempo pieno sono presenti in quasi il 43% delle scuole del Centro-Nord. Un numero che scende a poco più del 16% delle scuole del Sud e delle Isole. Mentre il servizio mensa in media è nel 65,5% delle scuole del Centro-Nord e nel 47,9% di quelle del Sud e delle Isole. Per quanto riguarda il servizio scuolabus, si tratta di un servizio garantito in circa il 29% delle scuole del centro e nord Italia. Nel resto d’Italia? Il 13,6%.
Lo spaccato offerto dal report scuola di Legambiente, non lascia molti dubbi su quelle che sono le problematiche non solo dell’edilizia scolastica, ma anche dei servizi a scuola e, dunque, sulle aree di intervento.
Oltre ai problemi legati alle strutture, ai servizi e al rischio sismico, l’indagine evidenzia la necessità di transizione ecologica e di abbattimento delle emissioni di anidride carbonica.
Serve infatti intervenire con maggiore forza e con visione di prospettiva sul lungo termine, per quanto attiene all’antiquato patrimonio edilizio scolastico italiano. Più del 73% degli edifici è nelle ultime tre classi energetiche e una ridottissima percentuale in classe A.
Ricordiamo che le classi energetiche sono essenziali per capire quanto un edificio di fatto ‘consuma’ e quanto tale consumo ha impatto sull’ambiente circostante.
Secondo Legambiente, oggi vi sono misure eccezionali a disposizione dei Comuni per poter vincere la partita dell’efficientamento energetico degli edifici scolastici, così come la messa in sicurezza, ma è necessario superare alcuni nodi in tema di efficienza ed efficacia amministrativa e progettuale. “Ridurre la forbice fra fondi stanziati e fondi spesi (su circa 47mila euro a edificio stanziati per la manutenzione straordinaria nel 2020, meno della metà poi sono stati realmente spesi); ridurre i tempi di durata dei cantieri, che da una nostra elaborazione dello scorso anno su dati GIES, si attestano mediamente intorno ai 300 giorni, e supportare le amministrazioni che faticano a produrre progettualità e a reperire fondi rispetto soprattutto ad un fabbisogno importante di messa in sicurezza delle scuole”, sono alcuni obiettivi chiave illustrati nel citato report scuola.
Nell’indagine emerge inoltre la valutazione positiva data nei confronti dell’investimento annunciato dal Governo in 200 tecnici a disposizione di Comuni e scuole per consulenza e supporto nella partecipazione ai bandi.
Legambiente fa notare che la cifra più consistente del PNRR, vale a dire circa 800 milioni di euro, verrà rivolta all’edificazione di scuole nuove, tenuto conto di un costo medio a scuola di 1,3 milioni di euro. Ecco perché nel report scuola si parla di almeno 600 nuove edificazioni.
Vero è però che occorrerà tener conto, all’interno della programmazione nazionale e territoriale, del dato del calo da qui al 2030 di circa un milione di studenti. Perciò, di un fabbisogno strutturale di sicuro più basso. Ciò dovrebbe spingere a edificare scuole nuove demolendo edifici vecchi, poco efficienti e riqualificabili. Si dovrebbe ricostruire nello stesso luogo e considerando le specifiche esigenze numeriche, didattiche e di funzionalità rispetto al quartiere e all’area urbana di riferimento. In sintesi, le nuove edificazioni dovranno avvenire senza consumare nuovo suolo e senza urbanizzare nuove aree, a tutto beneficio dell’ambiente.
Legambiente rileva altresì l’opportunità che si ha di rendere le citate 600 nuove scuole un modello di efficace transizione: innovative, progettate in modo partecipato e coordinato con il territorio e la comunità scolastica in chiave di “rigenerazione e collocate nelle aree socialmente e ambientalmente più svantaggiate del Paese”. Coerentemente con quanto appena detto, e sempre nella prospettiva di dare maggiori opportunità e servizi ai territori e alle comunità, va interpretato l’investimento di 300 milioni di euro per nuove palestre, tenuto conto che ad oggi ben una scuola su due ne è priva e un impianto sportivo su quattro presente negli edifici scolastici, abbisogna di interventi di manutenzione immediati.
Non solo. Il rafforzamento delle infrastrutture sportive scolastiche “va valorizzato anche come spazio aperto al territorio in orario extrascolastico per garantire l’accesso allo sport a più ragazzi e adulti”. E inoltre maggiore attenzione è da darsi all’edificazione di impianti all’aperto. Al momento sono presenti in circa il 31% delle strutture con impianti sportivi. Proprio questi ultimi sono risultati cruciali per quanto è stato fatto a livello di attività didattica nel periodo più buio della pandemia.
Nel dettagliato dossier di Legambiente trova spazio anche l’argomento nuove mense. Infatti circa 400 milioni di euro di stanziamenti saranno spesi per investire su “uno degli spazi educativi più significativi e nello stesso tempo servizio dalle importanti ricadute sociali”.
Legambiente, in particolare, auspica che gli investimenti siano orientati ad un obiettivo perequativo. L’obiettivo è assicurare il citato servizio in scuole e territori che non ne hanno uno. Soprattutto è sentito il problema di intercettare un’utenza del tutto particolare. Come ha chiarito più volte Save the Children, per molti il pasto scolastico è il solo pasto nutriente della giornata.
Nell’indagine si nota che se si tratta di mense nuove, la priorità sarebbe anche quella di connetterle ad un investimento in termini di estensione del tempo pieno. Specialmente nelle scuole del meridione e delle isole. Al momento hanno rispettivamente il 12,2% e il 19,9% di classi caratterizzate da questa modalità. La media nazionale corrispondente al 32,3%.
Il servizio mensa, in base ai dati dell’indagine Legambiente, anche per carenze infrastrutturali, manca in quasi la metà degli edifici scolastici. Circa due scuole su tre nelle isole non lo hanno. Tuttavia, Legambiente segnala ancora una cosa. Dove il servizio mensa è presente, consiste in uno degli spazi scolastici che nel tempo si è più qualificato per un investimento da parte dei Comuni sulla sostenibilità ambientale e sociale. Si tratta di un servizio molto partecipato dai nuclei familiari, tramite i cd. comitati mensa.
Oggi, in più dell’85% delle mense serve prodotti biologici. Quasi il 100% servono prodotti di stagione. Circa l’81% delle mense scolastiche dà la priorità i prodotti a km zero. Non solo. Quasi il 98% dei Comuni prevede menù alternativi per ragioni culturali e religiose.
Come emerge dai risultati dell’indagine di Legambiente, il lavoro da fare, da qui ai prossimi anni, è davvero tanto. Si tratta di attuare provvedimenti che di fatto accelerino il percorso verso la reale messa in sicurezza delle scuole italiane. Oltre ad assicurare una riqualificazione efficiente e sostenibile. Lo fa notare Claudia Cappelletti, responsabile nazionale scuola Legambiente. “Ora più che mai, con le ingenti risorse del PNRR previste anche per le scuole, l’asticella della sfida in si fa sempre più alta”. Sono le sue limpide parole. E’ insomma doveroso aiutare regioni e comuni. Come? Rendendo più semplici le linee di finanziamento e sostenendo gli enti locali in fase di progettazione e dei lavori, in modo da sfruttare appieno le risorse stanziate.
Soprattutto, appare fondamentale iniziare dalle zone svantaggiate e più alto disagio sociale del paese. Il primo passo? Compiere subito interventi virtuosi di riqualificazione, da sfruttare come leva di rigenerazione di ampi territori e quartieri.
In particolare, Legambiente ha rilevato l’importanza di non prorogare ancora la scadenza della verifica di vulnerabilità sismica di tutte le strutture scolastiche. Ad oggi, le amministrazioni l’hanno realizzata soltanto sul 31,5% degli edifici. E’ necessario altresì abbassare i tempi dei cantieri. Al giorno d’oggi la media è di 300 giorni. Oltre ad avere la certezza che tutti i fondi stanziati siano di fatto spesi. Vero è infatti che nel 2020 più della metà sono rimasti inutilizzati. Anche quest’ultimo è un dato che fa riflettere.
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Parole piuttosto dure, quelle usate dalla gilda degli insegnanti, un sindacato italiano molto attivo, a commento degli esiti dell’indagine di Legambiente. “La fotografia scattata da Legambiente sulla qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi ritrae, purtroppo, una situazione che si è ormai cristallizzata nel tempo e che conferma per l’ennesima volta l’inaccettabile divario tra il Nord e il Sud del nostro Paese. Edifici fatiscenti, che soprattutto nel Mezzogiorno non rispondono ai necessari requisiti strutturali, rappresentano un autentico vulnus del sistema scolastico italiano. La carenza di spazi idonei è, soltanto per citare un esempio, una delle cause del sovraffollamento delle aule, problema atavico della nostra scuola”, queste sono le parole il coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, Rino Di Meglio.
La gilda degli insegnati auspica che le risorse del PNRR stanziate per la messa in sicurezza e la riqualificazione delle scuole siano usate con estrema attenzione. Tutti i progetti finanziati siano poi conclusi, e non lasciati a metà. Come purtroppo spesso abbiamo visto accadere negli anni passati.
Il sindacato degli insegnanti ricorda che, sulla scorta dei dati Legambiente nell’edizione precedente dello stesso rapporto, dal 2014 al 2020, su 6.547 progetti sul tavolo, 4.601 sono stati finanziati ma soltanto 2.121 sono stati di fatto realizzati.
Di Meglio poi evidenzia che “A fare da specchio a questi numeri è lo scarto significativo tra le risorse messe a disposizione per la realizzazione delle opere e la spesa effettiva: a fronte di uno stanziamento totale pari a 3.359.614.000 euro, l’importo complessivo finanziato ammonta a 2.416.370.000 euro mentre la cifra finanziata per i progetti avviati si riduce a 1.415.747.000 euro”. Ecco nei numeri spiegato almeno in parte il problema della scuola in Italia: del tutto chiaro è allora il corto circuito che si innesca nel percorso di questi fondi e che, causando una dispersione di risorse, impedisce a tutto il sistema dell’edilizia scolastica la reale possibilità di crescita e sviluppo nel medio lungo termine.
Concludendo, non solo nella situazione reale delle scuole, ma anche nei freddi numeri si manifesta la questione del rinnovamento e dell’adeguamento della scuola agli standard più evoluti in termini di efficienza, sicurezza e formazione degli studenti.