Atm Milano, la truffa dei biglietti clonati continua a far notizia. Conti e maxi villa della responsabile sono stati sequestrati dopo la denuncia di un whistleblower.
Risale al 2018 la maxi truffa elaborata da una funzionaria ai danni del Comune di Milano. La donna insieme ad un gruppo di dipendenti “ribelli” stampava abbonamenti e biglietti per rivenderli in nero. Migliaia di euro sono entrati nelle sue tasche mentre l’azienda perdeva una buona parte dell’incasso. Vediamo come funzionava il raggiro e come è stato scoperto.
La situazione era stata studiata nei dettagli. I complici della funzionaria indagata salivano sulla metro con zaini pieni di biglietti stampati in nero, regolari perché consentivano il passaggio dai tornelli ma sottratti alla contabilizzazione, per venderli, poi, a 1,5 euro. Ritornati allo sportello Atm, consegnavano alla responsabile la somma ottenuta raggirando un sistema non valido dell’azienda milanese che è stato successivamente corretto.
Una vera e propria stamperia alternativa per ottenere biglietti e abbonamenti da vendere illegalmente. La denuncia della truffa è partita da un whistleblower che si è accorto del dirottamento nelle tasche di alcune dipendenti degli importi dei biglietti di proprietà del comune di Milano. L’inchiesta è iniziata nel 2017 e nel 2018 la responsabile dell’Atm incriminato – quello Duomo – è stata licenziata. Oggi, la pm Bartolucci ha comunicato all’indagata l’atto di chiusura delle indagini. I beni sequestrati hanno un valore superiore a 1 milione di euro.
Leggi anche >>> Truffa contatori luce, c’è il carcere: perché in migliaia manomettono i numeri
Il piano della responsabile dell’Atm point e dei suoi collaboratori era semplice. Bisognava far figurare che un passeggero avesse riconsegnato un abbonamento acquistato ma mai utilizzato presso lo sportello. Di conseguenza, veniva segnalato un rimborso in contanti del costo di acquisto che in realtà non era mai stato effettuato. Non solo per gli abbonamenti veniva utilizzata questa tecnica ma per ogni titolo di viaggio. Il guadagno, dunque, variava in base alla bolla-reso segnalata. Oltre ai biglietti clonati, poi, il raggiro riguardava anche i ticket per la sosta.
Le tessere elettroniche vendute per gli abbonamenti ai parcheggi venivano fatte pagare in contanti per non registrare una parte della somma. Per esempio, si vendeva un ticket da 100 euro ma si registrava una vendita a tariffa agevolata, pari a 30 euro. I 70 euro di differenza venivano intascati dai truffatori.