I contribuenti possono fermare i controlli del Fisco. Scopriamo quali sono gli strumenti da utilizzare per difendersi dalle verifiche fiscali.
Il Fisco ha un potere enorme nelle sue mani da quando sono stati abbassati i limiti di privacy dei cittadini da tutelare. I controlli sono partiti a raffica e nessuno può considerarsi totalmente al sicuro. Le armi nelle mani dell’Agenzia delle Entrate sono il redditometro, l’anonimometro e il Super Anagrafe ma anche i contribuenti hanno degli strumenti da utilizzare per difendersi dalle verifiche.
Per sapere come difendersi occorre conoscere le modalità di attacco di chi compie l’azione di rivalsa. Il Fisco mette in atto due tipi di controlli, quelli formali e quelli sostanziali. Iniziamo dalle verifiche formali che si basano su un sistema automatizzato che controlla di dati dei contribuenti all’interno della dichiarazione dei redditi. In caso di anomalie, l’ente invia al soggetto sotto verifica un avviso bonario. Il contenuto fa riferimento alla somma da corrispondere e agli eventuali interessi.
Dopo aver ricevuto la raccomandata, il debitore ha 90 giorni di tempo per saldare oppure dare spiegazione dei movimenti. Se così non fosse il debito verrà notificato con una cartella esattoriale. Lo strumento nelle mani del cittadino, dunque, è la possibilità di fornire prove delle operazioni compiute che forniscano motivazioni e giustifichino la legalità di quanto effettuato.
I controlli sostanziali sono più stringenti dato che rappresentano la massima espressione della lotta all’evasione fiscale. Il Fisco può attuare l’accertamento contabile valutando reddito imponibile e volume di affari del cittadino. In alternativa effettua un accertamento analitico-induttivo sui soggetti con obbligo di scrittura contabile e, infine, utilizza l‘accertamento con studi di settore con un’analisi statistica dei redditi di un professionista.
Rilevando discrepanze tra dichiarazione dei redditi e movimenti sul conto corrente, il Fisco invierebbe un avviso di accertamento al contribuente con le motivazioni a sostegno dei controlli. Tale avviso potrebbe contenere dei vizi di forma che i cittadini potrebbero utilizzare per fermare le verifiche.
I vizi di un atto tributario sono un difetto di notifica, la mancata indicazione dell’ufficio che ha emesso l’atto e l’incompetenza territoriale. Nel primo caso impugnando l’atto diventerà nulla, nel secondo caso è considerato inesistente e nel terzo caso annullabile. In tutti e tre i casi, ricordiamo, sarà necessario impugnare l’atto per fermare i controlli del Fisco.
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Un professionista del settore è facilmente in grado di individuare i vizi di forma dell’avviso di accertamento. Una volta accertati, occorrerà impugnare l’atto agendo con l’autotutela oppure con il ricorso in via giudiziaria. Nel primo caso si richiederebbe all’ente di controllare nuovamente i movimenti e riesaminare gli atti perché non fondati. Gli errori alla base riguardano solitamente errori di calcolo, di persona, pagamenti effettuati ma non rilevati dal Fisco e tributo pagato due volte. L’autotutela può essere richiesta direttamente dal contribuente recandosi presso l’Agenzia delle Entrate. La via giudiziaria, invece, richiederebbe il sostegno di un avvocato e avrebbe tempi più lunghi.