Sei mesi, questo è l’arco di tempo della copertura garantita dal vaccino Pfizer. Ad affermarlo è Albert Bourla, amministratore delegato dell’azienda.
La corsa alla vaccinazione per poter ottenere il Green Pass entro il 15 ottobre è iniziata. E’ ormai risaputo che in questa data scatterà l’obbligo per tutti i lavoratori di mostrare la certificazione verde per poter lavorare e percepire uno stipendio. Chi non si vaccina dovrà fare un tampone ogni 48 ore (o 72 se molecolare) accettando una spesa economica non indifferente. Questo è il contesto all’interno del quale aleggiano tante domande, dubbi, certezze che ormai ci accompagnano da più di un anno, quando i primi vaccini sono arrivati in Italia. Ben più dei sei mesi, dunque, che Albert Bourla associa all’efficacia del vaccino Pfizer.
Vaccino Pfizer, dopo sei mesi l’immunità inizia a diminuire
L’amministratore delegato Albert Bourla ha riferito che il vaccino Pfizer protegge molto bene da malattie gravi ma che dopo circa sei mesi la sua efficacia comincia a diminuire. Se l’immunità si abbassa, cresce il rischio di contrarre il Covid 19 e di contagiare un numero elevato di persone. Il declino segue un iter preciso. Inizialmente il vaccino comincia a non proteggere più dalle lievi infezioni. Poi passa a non riuscire a garantire la protezione da infezioni più forti fino a non impedire più il ricovero in ospedale. Naturalmente il passaggio finale è la fine della tutela dalla morte. Tutto questo è stato spiegato da Burla durante un incontro con il Gruppo Bancario Cantor Fitgerald & Co.
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Le conferme della tesi di Bourla
La diminuzione dell’efficacia del vaccino Pfizer è stata riscontrata non solo dall’azienda farmaceutica con riferimento al primo campione esaminato. Gli stessi dati sono stati confermati dal Ministero della Salute Israeliano e da un team di scienziati. I risultati sono stati resi noti durante un meeting con il comitato scientifico Food and Drug Administration, ossia l’autorità regolatore dell’America.
Israele ha iniziato la somministrazione del vaccino tre mesi prima rispetto agli USA. Di conseguenza ha potuto far riferimento ad un numero maggiore di informazioni, complete e totalmente digitalizzate. In Israele l’elaborazione dei dati avviene velocemente e il monitoraggio dei pazienti vaccinati ha confermato il calo della protezione dopo sei mesi. Da qui la decisione di iniziare subito con le terze dosi per fermare l’aumento improvviso di nuovi casi, ricoveri e decessi. Il piano di Israele è stato quello di inserire la terza dose prima per gli over 65, poi per gli over 50 per passare successivamente alle persone sopra i 40 anni e, oggi, sopra i 16.