Il disservizio che ha messo k.o. Facebook. Instagram e WhatsApp ha provocato un momento di riflessione. Anche in ottica futura.
Mark Zuckerberg si è scusato con tutti gli utenti per il blackout del suo gioiello, Facebook. E ha fatto bene, per carità. Forse, però, nell’intoppo del patriarca dei social e di tutti i suoi correlati non si notano solo aspetti negativi. Anzi, a ben guardare ci ha probabilmente insegnato qualcosa. A fare i conti con i nostri tempi innanzitutto, scanditi dall’accesso continuo ad app e social network vari. E anche con le nostre nuove dipendenze. Sette ore di k.o. non sono state poi molte, ma l’idea di non poter inviare un WhatsApp, condividere una foto su Instagram o rilasciare un qualsiasi commento su Facebook ha generato parecchie domande.
Qualcuno ha preso spunto per ipotizzare come sarebbe il tornare indietro, ai tempi pre-social, quando l’sms era il mezzo massimo di comunicazione a distanza. Altri, invece, hanno sperimentato semplicemente il disagio di non riuscire a fare tutte quelle azioni ormai abitudinarie, per non dire costanti. Insomma, una situazione di analisi vera e propria in cui, se si escludono coloro che utilizzano app e social per il proprio lavoro, a rimetterci di più sembrerebbe essere stato paradossalmente lo stesso Zuckerberg. Sì, perché Facebook ha pagato dazio per il sonno del suo server, chiudendo la giornata con il crollo del proprio titolo.
Facebook down, può ricapitare? A cosa bisogna fare attenzione
Al netto di tutto questo, quello che è capitato a Facebook è stato un buon test, seppure breve, per determinare la reale influenza dei social sulle nostre vite. Perché è vero che l’azienda di Menlo Park ci ha rimesso ma le app sono oggigiorno diventate un vero strumento di lavoro. Molte aziende, per esempio, gestiscono la propria clientela tramite WhatsApp. Tecnicamente, il disagio è stato spiegato dagli esperti come una cancellazione degli indirizzi ID di accesso ai server. In termini pratici, si è trattato di un vero caos mondiale, con una perdita media di 160 milioni di dollari per ogni ora di interruzione.
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Il paradosso è che nemmeno i tecnici di Facebook riuscivano a comunicare fra loro, come ricordato a Striscia la Notizia da Marco Camisani Calzolari, nel suo consueto servizio sulle tecnologie. Un altro dato che la dice lunga sugli effetti di social e app varie, che vanno via via a sostituire sempre di più l’interazione di persona. In pratica, spiega Calzolari, “la nostra vita dipende da server di una multinazionale americana, che può fare quello che vuole, anche spegnere tutto”. Un nuovo eventuale blackout, però, non è detto che ci colga impreparati. In caso di disservizi, basterà andare sul sito downdetector.com e fare una semplice verifica: se riusciamo a entrare, vuol dire che il problema è il sito al quale non si riesce ad accedere. Nel frattempo, possono tornare utili gli sms…