Slot, scommesse online, poker… Il gioco d’azzardo assume molte forme, ognuna delle quali potenzialmente deleteria. E in grado di compromettere il futuro.
La ripresa ci sarà. Prima o poi dovrà esserci. La crisi economica, oltre che sanitaria, imposta dalla pandemia ha portato conseguenze precise. La classe media ha pagato lo scotto peggiore, ritrovandosi a dover gestire un periodo di depressione dei consumi e, al contempo, le scorie dei lunghi periodi di cassa integrazione. Naturalmente per coloro che sono riusciti a conservare il proprio posto di lavoro. Una situazione che ha modificato le abitudini degli italiani (e non solo), la cui tendenza al risparmio è lievitata provocando il rischio di un effetto stagnazione vista la stasi del denaro sui conti correnti.
A questo si aggiunge un sistematico problema con la previdenza integrativa, alla quale i contribuenti fanno scarso ricorso, un po’ per mancanza di risorse e un po’ per i redditi livellati verso il basso, soprattutto nell’ultimo periodo. Tuttavia, non è solo di crisi economica che si ragiona. Perché è vero che la pandemia ci ha costretto a rivedere le nostre abitudini, ma alcuni vizi di forma fanno fatica a decadere. Incluse le cattive abitudini. E i dati parlano chiaro: l’azzardo continua a essere una piaga, anche in tempi di magra.
Azzardo, il vizio che non decade: i dati sconvolgenti
Come si diceva, il vizio è sempre duro a cadere. Stando agli ultimi dati elaborati sul settore, gli italiani hanno speso nel 2019 ben 110,5 miliardi di euro nel gioco d’azzardo. Perlopiù scommesse online ma anche giochi come slot machine e altri hanno contribuito ad accrescere la percentuale, arrivata a coprire circa il 6,2% del Pil in termini di spesa. La chiusura dei locali durante la pandemia ha provocato una flessione riflessa: la spesa è scesa a 88 miliardi, comunque una cifra considerevole. Si tratta infatti di una delle industrie di maggior portata, tanto che l’apertura delle sale slot è tutt’altro che infrequente, anche in zone non sempre approvate dalla cittadinanza.
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Va comunque precisato che non si tratta di una criminalizzazione. Probabilmente, moltissime persone avranno almeno una volta fatto una scommessa al Totocalcio, oppure partecipato a una partita di poker online. Il problema sorge nel momento in cui il passatempo diventa vizio, fino a scadere in vere e proprie patologie come la ludopatia. E, in troppi casi, non si rinuncia a una spesa per una giocata d’azzardo, preferendo investire lì il proprio denaro piuttosto che in una previdenza integrativa. Il che crea un gap sostanziale fra capacità di risparmio in ottica futura e dipendenza dal bilancio pubblico (quindi dall’Inps). Un quadro a tratti sconfortante, a quanto pare il gioco d’azzardo dà una grossa mano.