Pensioni, prove di riforma: le due proposte per l’addio a Quota 100

Urgente, quanto e più della riforma del Fisco, il rinnovamento del sistema pensioni impegna il Governo su pressing dei sindacati. Che avanzano qualche proposta.

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Un tema estremamente caldo quella della riforma delle pensioni. Un po’ per l’urgenza di dare una risposta ai lavoratori ora che Quota 100 è pronta ad andare in archivio. E un po’ per la necessità di dare agli italiani un sistema di pensionamento che possa definitivamente far superare i dettami della Legge Fornero. Affiancata alla riforma del sistema fiscale, quella delle pensioni diventa una priorità, anche per l’esiguo tempo rimasto prima che il triennio di Quota 100 vada definitivamente in archivio. Meno di quattro mesi per l’esattezza, fino al 31 dicembre 2021. Poi servirà qualcosa di nuovo.

Il pressing arriva soprattutto dalle maggiori sigle sindacali (Cisl, Cgil e Uil), che premono affinché si discuta realmente del superamento del sistema della pensione anticipata, offrendo agli italiani un piano strutturato sulla base di età anagrafica e contributi versati. L’idea dei sindacati, al momento, si discosta dal piano pensato dal presidente dell’Inps, Pasquale Tridico. L’ente previdenziale, infatti, proponeva una pensione calcolata con il sistema contributivo, che prevedesse l’interruzione dell’attività lavorativa a 62 o 63 anni. Un sistema che avrebbe quindi spostato il sistema retributivo che, al momento, garantisce l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni con 20 di contributi.

Pensioni, le due ipotesi messe in campo dai sindacati

I sindacati la vedono in modo diverso. In un documento unitario, infatti, avevano espresso la necessità di una flessibilità maggiore per l’accesso alla pensione. Un sistema che, innanzitutto, possa scongiurare delle penalizzazioni per tutti coloro che hanno accumulato contributi prima del 1996 e che, in secondo luogo, garantisca il pensionamento già a partire dai 62 anni. Oppure con 41 anni di contributi, senza requisito il dell’età. La promessa della cosiddetta Quota 41 che, però, al momento possiede dei paletti ben precisi. Si va dall’accredito di almeno un anno di contributi al diciannovesimo anno di età, oppure appartenenza ad almeno una normativa di tutela (Naspi, disabilità dal 74% in su, caregiver o lavoro usurante).

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Altra proposta, la riduzione del sistema contributivo che, al momento, continuerebbe a penalizzare i redditi più bassi. Inoltre, secondo i sindacati, anche l’indice di adeguamento alla speranza di vita sarebbe un tema da rivedere in quanto, a oggi, agisce sul metodo di calcolo di trasformazione dei coefficienti come sul requisito anagrafico (e contributivo). Anche il capitolo dei lavori usuranti può essere preso in considerazione per facilitare l’accesso alle pensioni. In questo caso, l’ipotesi è l’allargamento del bacino delle mansioni considerate tali, inserendovi tutte quelle professioni che, in qualche modo, espongono il lavoratore a delle possibili conseguenze sulla salute. In pratica, maggiori tutele per i lavoratori e pensione attraverso due sistemi. Prima di tutto i 62 anni di età o Quota 41. In un momento in cui il Governo sembra innanzitutto orientato al rafforzamento di misure esistenti. Ape sociale e Opzione Donna su tutti.

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