Chi paga i preti? Lo stipendio di un religioso è regolato proprio come quello di un lavoratore dipendente, anche se con qualche differenza. Andiamo a scoprire quanto prende al mese.
Prima di valutare in cifre quanto può essere il guadagno di un prete è necessario capire che tipo di lavoro svolge, per quante ore alla settimana, chi firma la sua busta paga e con quale criterio. “Prete” è un termine generico che individua una persona di Chiesa, un religioso che presta il suo servizio presso la comunità, e i compiti a lui assegnati possono essere di vario tipo; certo è che anche nel mondo ecclesiastico esistono la gerarchia, il livello di anzianità, le categorie di lavoratori e i privilegi, di conseguenza anche gli stipendi variano in base a questi fattori. Un Vescovo percepisce certamente una paga più alta rispetto ad un parroco, o a una suora, ed è naturale pensare che il Papa possa godere di entrate molto consistenti.
Il lavoro di un prete: quali sono le sue mansioni e responsabilità
Cosa fanno i preti durante la giornata? La domanda può sorgere spontanea perché siamo abituati ad incontrare questo tipo di lavoratore solo in determinate occasioni, come la celebrazione di una Messa, di un matrimonio eccetera. Ma i doveri di un sacerdoti sono molteplici e cominciano ad essere svolti la mattina, con la preghiera e la preparazione delle omelie per le celebrazioni che verranno eseguite.
Il prete deve provvedere all’amministrazione della sua chiesa e di conseguenza alla gestione di tutte le pratiche, esattamente come fa il titolare di un ufficio ad esempio. Vi sono poi le ore dedicate all’insegnamento e alla formazione dei nuovi sacerdoti e dei cristiani che si avvicinano ai sacramenti – come la comunione, la cresima e il matrimonio – e naturalmente provvede poi a rendere effettivi i suddetti sacramenti ogni qual volta sia richiesto.
Un prete segue anche la sua comunità e trova il tempo di fare visite o assistenza, sia in loco che a domicilio, nonché celebrare messe su richiesta, anche se tutti questi compiti non sono ovviamente fissi o stabiliti in una sorta di “orario di lavoro”. Ciò che fa, comunque, è considerato a tutti gli effetti un impiego, e per questo riceve la busta paga, i benefit e persino i giorni di ferie.
Come si diventa prete? La vocazione e gli studi
Prima di poter essere assegnati ad una parrocchia, però, bisogna essere abilitati alla professione. Trattandosi di un lavoro ma soprattutto di una missione, il futuro prete deve innanzitutto sentire la “chiamata” e decidere di diventare un “servo di Dio”; può accadere in qualsiasi momento della vita, e si può accedere al seminario – gli anni di studio e formazione obbligatori – facendone richiesta. Alcune conoscenze si rivelano però fondamentali, e tra queste troviamo la filosofia, la teologia e la storia. Chi ha conseguito una laurea in questi comparti sarà facilitato durante il seminario; sono previsti infatti 8 anni di formazione, ma chi è laureato può detrarre alcuni anni a questo percorso. Le specializzazioni da ottenere? Sono piuttosto impegnative:
- Teoria della Chiesa
- Latino e Greco
- Teologia dogmatica e Teologia morale
- Filosofia
- Canti gregoriani
- Legge canonica
- Esegenesi
Oltre allo studio tecnico-pratico sono previsti naturalmente momenti di iniziazione spirituale, e una volta arrivati con successo alla fine del seminario interviene la figura superiore – il Vescovo – che assegna agli studenti il titolo di Diacono e poco dopo l’assegnazione della parrocchia.