Green pass, il “buco” del sistema di controllo: fianco scoperto ai furbi

Il punto oscuro della verifica del documento d’identità rischia di creare il caos. Mentre il problema dei Green pass falsi già prolifera.

Green Pass
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Non è facile muoversi fra i cavilli e i punti oscuri. Specie in merito a una questione estremamente delicata come il Green Pass che, fin dalla sua introduzione, non ha mancato di creare polemiche. Il Ministero dell’Interno, negli ultimi giorni, ha cercato di mettere una toppa su un foro che rischiava (e rischia tuttora) di portare parecchi grattacapi al Viminale. Il nodo è quello dei controlli, un sistema che fin da subito ha mostrato un buco particolarmente difficili da rammendare e in merito a una questione decisiva: chi ha il dovere di controllare il documento d’identità assieme al Green pass?

A seguito dell’introduzione del Green pass obbligatorio in alcuni contesti, l’ondata di proteste era stata concentrata più che altro sulla struttura generale del provvedimento. Su alcuni punti, il Viminale si era visto costretto a correggere il tiro, pubblicando una circolare, il 10 agosto scorso, nella quale gli esercenti venivano esonerati dal controllare il documento d’identità delle persone che accedono ai loro locali. E qui, di fatto, si è allargata la voragine di preoccupanti dimensioni.

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Green pass, il nodo controlli: il rischio del punto oscuro

Il problema è che, senza verifica dell’identità, una volta controllato il Green pass non ci si accerta realmente di colui o colei che lo possiede. In sostanza, la certificazione verde potrebbe diventare uno strumento vulnerabile ai furbetti. Il Dpcm originario, quello del 17 giugno, precisava che il verificatore avrebbe potuto richiedere la presentazione del documento d’identità a supporto della documentazione. Un dettame venuto meno il 9 agosto scorso, quando il Governo aveva fatto sapere che il documento d’identità non sarebbe stato richiesto. Un atto di fiducia probabilmente ma, in qualche modo, ritenuto avventato.

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Resta il fatto che i richiedenti non sono pubblici ufficiali, come specificato dal ministro dell’Interno Lamorgese. Secondo le nuove disposizioni, al verificatore basterà “inquadrare il QR Code della certificazione verde Covid-19, che si può esibire in formato cartaceo o digitale, e accertarsi della validità e dei dati identificativi”. Il problema, mentre 16 milioni di italiani circa non hanno ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino, è quello dei Green pass falsi. Il Viminale ha provato a disporre delle sanzioni in caso di “palese violazione”, ovvero nel momento in cui si accerti la non corrispondenza fra il possessore della certificazione e l’intestatario. Ma, è il sospetto, potrebbe non bastare.

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