Possedere un conto corrente presume che i soldi maturino un interesse a nostro vantaggio. Altrimenti si pagherà inutilmente e si rischierebbe pure.
Avere dei soldi sul conto corrente non significa maturare rendimenti. Un concetto chiaro da tempo, nel senso che utilizzare il proprio conto esclusivamente come una cassaforte o un salvadanaio, alla lunga, non porta a nulla se non a costi. Quest’altro concetto, invece, il più delle volte sfugge. Depositare denaro e non fare in modo che questo produca un interesse a nostro favore, equivale di fatto a pagare commissioni improduttive e generare costi persino per la stessa banca che custodisce i nostri soldi. Per questo molti istituti di credito hanno optato per la strada della soppressione dei conti troppo elevati, a meno che i correntisti non decidano di impiegare parte del denaro su strumenti di rendita.
Tuttavia, anche in questo caso bisogna tener conto di alcuni fattori. Se non altro per scegliere accuratamente a quale strumento affidarsi. Ad esempio, in questo discorso entrano variabili come l’età e lo stipendio (se) percepito. Si potrebbe ipotizzare il caso di un contribuente sotto i 50 anni e con uno stipendio medio, che si ritrova a dover gestire diversamente i propri soldi, da impiegare parzialmente in strumenti finanziari che possano metterlo al riparo dalle commissioni. In questo caso, tutti gli indizi sembrano portare a una possibilità.
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Per far fruttare i risparmi e non rischiare troppo, bisogna innanzitutto tener conto dell’orizzonte temporale. Ossia, entro quanto tempo vorremmo beneficiare del rendimento maturato con l’investimento. Qualora si tratti di un correntista con meno di cinquant’anni, l’attesa potrebbe tenere conto anche di un paio di decenni. Per quanto riguarda un cinquantenne in ottica pensione entro le due decadi successive, lo strumento deve essere differente. Ad esempio, per chi ha un conto corrente aperto può subentrare l’aiuto dell’integrazione della pensione. Un versamento mensile in grado di accumulare un tesoretto di cui usufruire al momento della cessazione dell’attività lavorativa.
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Solitamente si parla di cifre contenute, magari il 10% o il 20% dello stipendio. Tuttavia, a seconda di quanto versato mensilmente, si tratta indubbiamente di un deposito utile, da affiancare alla pensione e utilizzare magari per realizzare degli obiettivi in futuro. Tecnicamente, invece, si può parlare di un Exchange Traded Fund (ETF), acquistabile in Borsa e con commissioni bassissime. Inoltre, c’è possibilità di rivendita in qualunque momento. In questo caso, si tratta di investimenti sia sul medio che sul lungo periodo. In quest’ultimo caso, più utile un ETF azionario, come l’SPDR S&P 500, che segue l’andamento dei prezzi dell’USA S&P 500. Certo, proprio in quanto acquistabile in Borsa, lo strumento è soggetto agli umori del listino. Ma è anche vero che il rischio è davvero esiguo.