L’arrivo di un periodo di inflazione sarà un cattivo affare per l’acquisto di un immobile. Ma per i mutui aperti l’impatto potrebbe non essere devastante.
Di discorsi sulla risalita del tasso di inflazione se ne stanno facendo parecchi in questi giorni. Fra chi teme i suoi effetti sulle situazioni di investimento e chi è semplicemente spaventato dal rincaro dei prezzi, iniziano però a diradarsi le nubi circa il ruolo che giocherà l’inflazione sui tassi dei mutui. La Federal Reserve, finora, non ha toccato le cifre, nemmeno in relazione all’acquisto dei bond. Tuttavia, con la prospettiva di trovarsi di fronte a un periodo del genere, non nasconde una possibile (e veloce) salita dei tassi, con previsione di un giro di vite finanziario prima del 2023. Un cattivo affare per chi si troverà ad accendere un mutuo, anche nel caso dovesse scegliere il tasso fisso, generalmente indicato come più conveniente.
Tuttavia, questo non vale (o meglio, non sembra valere) per quei mutui a tasso fisso che già sono stati aperti. Considerato l’aumento del tasso d’inflazione e un Tan in area 0,90% un anno fa per i contratti a vent’anni, il vecchio costo del finanziamento da 100 mila euro, pari a 9.300 euro, salirebbe ora a 12.500. Questo perché, in solo un anno, il tasso d’inflazione è schizzato da -0,2% a 1,3%. In questo quadro, a perderci saranno le banche, dal momento che il costo del mutuo sarebbe più basso della perdita del potere d’acquisto. E in quanto erogatrici di prestiti a tassi inferiori a quelli dell’inflazione ventura.
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Inflazione, allarme mutui ma non per tutti
Questo, naturalmente, non varrà per chi i mutui deve aprirli. Per loro, l’arrivo di un periodo di inflazione significherebbe rialzo dei prezzi degli immobili e, soprattutto, lievitazione dei tassi su livelli decisamente più alti rispetto ai mesi precedenti. E, del resto, anche per chi non verrà toccato direttamente dal rialzo dei tassi, non è detto che il tutto si traduca in benefici concreti. Nel senso che buona parte della situazione futura dipenderà da altri fattori, come il lavoro e la condizione di welfare domestico. I redditi fissi inoltre, rispetto alle imprese, accusano maggiormente l’erosione del potere d’acquisto.
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L’unico “vantaggio”, al momento, resta nei confronti delle banche e solo per chi già paga un mutuo a tasso fisso. E, a seconda della durata del periodo d’inflazione, il vantaggio potrebbe ulteriormente allungarsi, a dispetto di chi aveva intenzione di tentare la via dell’acquisto di una prima casa. Diverso il discorso per i mutui a tasso variabile, probabilmente toccati di più ma comunque già arrivati da un periodo di costi ai minimi. A questo punto, non è detto che i tassi salgano oltre i livelli d’inflazione, dovendo recuperare già diverso terreno su quelli ordinari. Si vedrà.