La tragica e prematura dipartita della 18enne Camilla Canepa ha aperto un nuovo dibattito circa l’esigenza di somministrare il vaccino ai giovanissimi
Sembravano rientrare le perplessità circa il vaccino Astrazenca che a febbraio aveva fatto spaventare tutti in seguito alla morte di alcuni membri delle forze dell’ordine in Sicilia. Da allora la campagna vaccinale è proseguita spedita senza nessun genere problema fino a qualche giorno fa, quando è arrivata un’altra pessima notizia.
È infatti venuta a mancare la 18enne Camilla Canepa, che il 25 maggio scorso era stata vaccinata con una dose di Astrazeneca. Allo stato attuale non si può parlare di correlazione certa tra il decesso e la somministrazione. Naturalmente i dubbi sono molteplici e la preoccupazione è tanta.
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Vaccino: perché somministrarlo anche alle categorie meno a rischio
In attesa che si faccia luce una volta per tutte sul caso, tornano in auge le polemiche circa l’utilità di vaccinare le categorie ritenute meno a rischio come i ragazzi dai 18 anni in giù. Anche dal mondo della politica arrivano inviti a stabilire un’età minima per la vaccinazione. In particolar modo Matteo Salvini si è pronunciato in tal senso. Il leader del Caroccio ha però lasciato da parte il fatto che senza le somministrazioni ai ragazzi in età scolastica non si potrebbe raggiungere l’immunità di gregge.
Inoltre la possibilità di contrarre una trombosi in seguito al vaccino Vaxzervria (nuovo nome di Astrazeneca) sono di 1 caso ogni 100.000 prime dosi in soggetti under 60. Una percentuale sicuramente più bassa rispetto a quella di poterlo sviluppare per via del covid.
Certo i dati sulle morti di persone al di sotto dei 40 anni è piuttosto bassa. Al 28 aprile 2021 erano 296 i deceduti. Di questi, 174 presentavano patologie pregresse. Numeri che indicano come i più giovani in linea di massima non corrono seri rischi.
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Sottoporsi al vaccino è però importante per evitare di poterlo trasmettere ad altre categorie per cui il virus che ha cambiato il mondo potrebbe essere deleterio. D’altronde soprattutto in Italia è probabile che i giovani vivano o abbiano contatti frequenti con genitori e nonni in età avanzata e alle prese con qualche malattia non propriamente compatibile con il Covid.