Il vaccino anti-Covid è facoltativo. Ma cosa accadrebbe se, rifiutata la somministrazione, ci si dovesse contagiare al lavoro?
La marcia della campagna vaccinale prosegue a ritmo serrato. Anzi, si potrebbe dire che il tema vaccini fa parte della nostra quotidianità quanto la pandemia stessa, in quanto ritenuto l’unico vero mezzo per venirne fuori realmente, ridimensionando i timori legati a nuove ondate attraverso l’immunizzazione dal Covid-19. Vaccino che, a oggi, continua a restare libero. Nel senso che ognuno ha la possibilità di decidere se sottoporvisi o meno, a seconda del proprio stato di salute e delle proprie convinzioni. C’è da dire che, a quanto mostrano i risultati, la sensibilizzazione ha ottenuto i suoi effetti. Tuttavia, è naturale che resista una parte di cittadini ancora reticente all’iniezione del rimedio anti-Covid.
E proprio su di loro, in queste settimane, si è sollevato un intenso dibattito, legato soprattutto al ritorno in ufficio degli italiani. Come visto, il datore di lavoro non può chiedere informazioni in merito. In sostanza, se il dipendente è vaccinato o meno, è un’informazione che rientra nella sfera del privato, discrezione specifica e non qualcosa in grado di determinare scelte di impiego. Resta però un’incognita: rifiutare il vaccino e contrarre il Covid, quali rischi potrebbe comportare sul lavoro?
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Pur non potendo fare richiesta diretta ai propri dipendenti circa le loro intenzioni sul vaccino, l’azienda può disporre delle misure per tutelare l’ambiente di lavoro e chi vi opera quotidianamente. Ovvero, attuando tutti i provvedimenti possibili, dalle mascherine ai disinfettanti, fino ai tamponi rapidi. Strumenti di prevenzione che, peraltro, potrebbero prevedere un cambiamento di mansione per chi decide di non vaccinarsi, sempre in nome della tutela salutistica dell’ambiente di lavoro. Questo, naturalmente, previa informativa del datore di lavoro allo staff, che verrebbe invitato a vaccinarsi in quanto mezzo di ulteriore tutela dell’ambiente di lavoro.
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Nel caso di un rifiuto a sottoporsi al vaccino e di un contagio contratto in seguito, il dipendente avrebbe comunque diritto alla tutela assicurativa, in quanto infortunato. Tuttavia, non subentrerebbe il diritto al risarcimento da parte del datore di lavoro, in quanto varrebbe l’informativa non seguita. Lo precisa anche l’Inail, specificando che il rifiuto a vaccinarsi “non può costituire una condizione a cui subordinare la tutela assicurativa dell’infortunato”. In pratica, l’azienda non ha alcuna responsabilità rispetto a un dipendente che rifiuta il vaccino e, in seguito, contrae il virus. Per questo non potrà scattare alcuna pretesa.