Se la chiusura dell’attività è stata imposta dalla pandemia, l’accesso a un nuovo regime forfettario non sarà un problema. Ma in altri casi…
In un periodo di bonus e sostegni in arrivo, un po’ di chiarezza è necessaria per capire dove e cosa andare a richiedere. Tuttavia, dal momento che la pandemia ha costretto diverse attività a rallentare fino alla chiusura (non solo forzata dalle restrizioni), pur se provvisoria in alcuni casi, dirimere le varie ipotesi su cosa si potrà fare e cosa no una volta ripresa l’attività. In questo senso arriva una buona notizia: chi è stato costretto a chiudere un’attività e desidera riaprirne un’altra restando in regime forfettario, non verrà osteggiato dalle normative di riferimento. A patto, naturalmente, che la chiusura derivi esclusivamente da ragioni legate alla pandemia.
Per quanto riguarda l’esclusione, sarà costretto a restare fuori dal sistema dei minimi colui che, nell’anno precedente, ha percepito redditi da lavoro dipendente superiori a 30 mila euro. Questo perché fa rilevanza non l’anno di comunicazione delle dimissioni ma quello relativo alla fine del periodo di preavviso. Se l’anno in oggetto è il 2021, quindi, il contribuente dimissionario nel 2020 ma con fine periodo di preavviso all’anno successivo, non potrà accedere al regime forfettario.
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Va da sé che, nei casi ordinari, varranno le regole standard per il regime forfettario. Nello specifico, quelle regolamentate con la legge 190/2014, comma 54. I requisiti restano gli stessi: aver conseguito ricavi e compensi non superiori a 65 mila euro e coloro che hanno sostenuto delle spese di importo non superiore ai 20 mila euro lordi lavorando per terzi (inclusi i dipendenti e i collaboratori). Va ricordato, tuttavia, che per il primo anno di regime forfettario si fa riferimento ai ricavi potenziali. Anche per questo, i requisiti di accesso diventano anche quelli di permanenza all’interno del sistema.
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Contravvenire a una delle regole base comporta l’esclusione dal regime forfettario. Tuttavia, esistono anche altre casistiche che possono compromettere l’accesso al sistema. Ad esempio, se si tratta di persone fisiche, non ci si dovrà avvalere di regimi speciali ai fini Iva, né di forfettari di determinazione di reddito. E ancora, i residenti al di fuori dei confini (anche dell’Unione europea) o chi non produce in Italia dal 75% in su del reddito complessivo. Fuori dalla giostra anche chi effettua cessioni di fabbricati o porzioni di questi, ma anche di terreni edificabili. Esclusi anche gli esercenti partecipanti in società di persone, imprese familiari o associazioni professionali. In sostanza, prima di fare il passo, meglio consultarsi con un commercialista.