Nei termini si tratta di una difformità sottile. Nella sostanza, chi opera in lavori considerati gravosi ottiene qualche beneficio in più.
Una differenza sostanziale anima il dibattito su coloro che, prima degli altri, hanno diritto ad andare prima in pensione. Lavori gravosi e usuranti: due categorie che, più delle altre, danno la possibilità di chiudere in anticipo la propria esperienza nel mondo del lavoro. Concetti abbastanza simili a una prima occhiata ma che, a livello normativo, possiedono significati piuttosto diversi. I quali, peraltro, conferiscono un assetto divergente anche nel trattamento pensionistico. A seconda che si tratti di un lavoro usurante o gravoso, c’è la possibilità di andare in pensione prima.
Come detto, pur non sussistendo chissà quale differenza, il trattamento è diverso a seconda del lavoro svolto. E se proprio occorre distinguere fra i due termini, va detto che è un lavoro gravoso a essere considerato prioritario per l’accesso anticipato alla pensione. A regolamentare il tutto, per quanto riguarda i lavori usuranti, interviene l’articolo 1 del D.Lgs. 67/2011, nel quale non viene solo definito il concetto ma anche elencati quali lavori rientrino nella categoria. Fra questi, ad esempio, i lavori svolti in sotterraneo, con materiali di pietra, nelle gallerie, sott’acqua, nei pressi di alte temperature e così via.
LEGGI ANCHE >>> Salario minimo in Italia: cosa prevede la proposta del Movimento 5 Stelle
Per gli usuranti, l’agevolazione viene riconosciuta solo nel caso in cui queste mansioni vengano svolte in modo continuativo per almeno sette anni nell’ultimo decennio. O, in caso di più tempo, per almeno metà dell’intera vita lavorativa. Per quanto riguarda i gravosi, interviene la legge 232/2016 e, come integrazione, la 205/2017 che ha aggiunto altri quattro lavori al precedente elenco. In totale, si parla di 15 categorie di lavoratori che operano in mansioni considerate gravose. Fra queste, operai industriali (estrattiva, edilizia, manutenzione edifici), conduttori di gru o macchinari mobili, conciatori, conduttori di convogli e di mezzi pesanti, personale sanitario e infermieristico, assistenti di persone non autosufficienti, insegnanti in materne e asili nido, facchini, servizi di pulizia, operatori ecologici, pescatori, agricoltori e raccoglitori, siderurgici. Per l’agevolazione, vale la regola dei 6 anni negli ultimi 7 o 7 negli ultimi 10.
LEGGI ANCHE >>> Quota 100 va… in pensione: il governo sterza verso Quota 41
Ma qual è la reale differenza fra lavori gravosi e usuranti? Nei termini poca, nella sostanza tanto: ai lavoratori in mansioni gravose, viene riconosciuta la possibilità di andare in pensione al compimento dei 66 anni e 7 mesi di età (con almeno 30 di contributi). C’è la possibilità di smettere ai 63 anni, con 36 di contributi e accedendo all’Ape sociale (possibilità che scadrà però a fine anno). Inoltre, qualora si parli di lavoratori precoci, l’accesso alla pensione potrà avvenire potrà avvenire a 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età. I lavoratori usuranti, invece, si aggrappano a Quota 97,6: pensione a 61 anni e 7 mesi, con 35 di contributi.