Il Movimento 5 Stelle ha presentato degli emendamenti alla proposta di direttiva UE inerente il salario minimo. Scopriamo insieme quali sono le principali novità in merito
Il popolo italiano lo invoca da tempo, ma nonostante ciò il salario minimo non è mai stato introdotto nel Bel Paese (anche in Austria, Danimarca, Svezia, Finlandia e Cipro non è previsto). Stavolta i tempi sembrano maturi. Il Movimento 5 Stelle ha presentato una proposta di riforma su questa delicata tematica.
Nello specifico i pentastellati hanno in serbo degli emendamenti alla proposta di direttiva europea della Commissione UE che seppur non obbliga gli stati membri ad avere una base salariale, fissa la soglia minima del 70% per la contrattazione collettiva (che Di Maio e soci vorrebbero portare almeno al 90%).
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Salario minimo in Italia: ecco le principali novità
Il Movimento 5 Stelle ha finalmente elaborato la sua idea. D’altronde questo è sempre stato uno dei punti che sta a più a cuore al partito, che prima dello scoppio della pandemia stava lavorando per tentare di cambiare lo stato delle cose.
Dunque fermo restando che è la contrattazione collettiva e definire la retribuzione di partenza nel nostro paese, la proposta del Movimento prevede che il salario minimo sia garantito a tutte le tipologie di lavoratori, sia nel settore pubblico che in quello privato.
Inoltre deve essere applicato indistintamente anche a coloro che guadagnano sulla base dei risultati prodotti. Andando a fondo nelle specifiche categorie, devono essere ricompresi nella misura anche i lavoratori domestici, intermittenti, atipici, apprendisti e tirocinanti.
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Altro emendamento riguarda il livello di povertà relativa. Per effetto di ciò i 5 Stelle chiedono che lo stipendio minimo debba essere più alto della soglia dell’indicatore sopracitato a livello europeo e quindi superiore al 50% del salario lordo medio e superiore al 60% del salario lordo mediano.
A completare l’opera ci sono l’esclusione delle spese legate alle attrezzature da lavoro, straordinari, ferie e bonus. Ma non è tutto. Per far si che tutti rispettino le regole sono previste delle penalizzazioni per le aziende che non si attengono alla disposizione. Chi non garantisce un salario minimo adeguato di conseguenza viene escluso dai bandi pubblici e fondi europei.