Nel corso degli anni molti giornalisti hanno perso la vita per svolgere la loro professione in paesi lontani e spesso pericolosi. I numeri di questi spiacevoli accadimenti
Perdere la vita per raccontare alla gente ciò che accade nel mondo. È quanto successo a numerosi giornalisti provenienti da svariate parti del globo, che troppo spesso vengono messi a “tacere” in maniera definitiva per evitare che possano svelare delle scomode verità.
Un’ingiustizia su cui però non si focalizzano mai le luci dei riflettori e che purtroppo trasformano delle persone e dei professionisti semplicemente in dei numeri. Gli ultimi casi in ordine di tempo sono quelli dei giornalisti spagnoli David Berian, noto anche in Italia per alcuni documentari realizzati nella trasmissione “Clandestino” e Roberto Fraile che sono stati sequestrati e giustiziati in Burkina Faso lo scorso 26 aprile.
Erano giunti in Africa per realizzare un servizio sulla caccia clandestina. Evidentemente però a qualcuno non è andata già la loro voglia di portare alla luce una situazione piuttosto incresciosa. Motivo per cui hanno messo fine alle loro esistenze.
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Giornalisti morti durante il lavoro: i dati relativi agli ultimi 25 anni
Questa però è solo la punta di un iceberg ben più grande e decisamente più inquietante, così come testimoniano i dati raccolti nel corso del tempo. Secondo un dossier elaborato dall’Unesco e dell’agenzia Ossigeno sono circa 1.200 i reporter uccisi nel periodo tra il 2005 e il 2010, con una media di un giornalista ogni 4 giorni. Tra questi figurano anche 30 nostri connazionali.
A rendere ancor più drammatica la situazione è il rapporto della International federation of journalists che ha riportato i numeri degli ultimi 25 anni. Sono circa 3.000 i giornalisti sterminati per aver provato a divulgare informazioni da teatri di guerra, rivoluzione, criminalità e corruzione.
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Il 2021 sotto questo punto non è iniziato nel migliore dei modi, anzi. Proprio il 1 gennaio in Afghanistan è stato ucciso il ventottenne Bismillah Adil Aimaq, direttore di Radio-e-Ghor. La sua colpa? Aver pubblicato su Facebook dei post sulla notizie e la cronaca della città situata nel medio oriente.