Le restrizioni dovute al covid hanno portato al collasso i ristoranti, che tra chiusure forzate, misure di sicurezza e bonus quasi mai arrivati hanno avuto un notevole calo di fatturato
Alzi la mano chi fino a due anni fa pensava che la ristorazione italiana potesse vivere una flessione così lunga e deleteria. Vuoi per la qualità, vuoi per la cultura del Bel Paese per cui un pranzo o cena al ristorante sono dei momenti di immenso piacere, era piuttosto inimmaginabile ipotizzare una debacle simile.
Eppure l’emergenza covid ha falcidiato uno dei fiori all’occhiello dello stivale, uno di quelli da sventolare con fierezza all’estero, perché è bene ricordarlo sono gli altri che ci imitano, noi non abbiamo bisogno di “copiare” il prossimo.
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Ristoranti in ginocchio: tutte le concause di una crisi senza precedenti
Eppure lo scenario attuale è questo: tavoli vuoti, serrande abbassate, dipendenti a casa o quando si ha la fortuna di aprire si vedono tavoli distanziati oltremodo l’uno dagli altri. Questi però sono solo gli aspetti più tangibili di un iceberg che si sta sciogliendo sempre di più col passare del tempo.
I gestori devono fare i conti con tasse, bollette e affitti e con le nuove disposizioni previste dal nuovo Decreto Draghi chi non ha tavoli all’aperto farà i salti mortali (attingendo dalle risorse residue) pur di metterli e cercare di riaprire in anticipo rispetto al 1 giugno 2021 (data designata per la ripresa delle attività per i locali al chiuso).
La verità però è che se all’inizio il virus ha travolto l’Italia intera e prendere delle contromisure non era semplicissimo. Dopo un anno non è ammissibile pensare di essere ancora a questo punto. I continui cambiamenti di colore, l’imposizione di misure di sicurezza piuttosto svantaggiose (distanziamento dei tavoli e barriere) e soprattutto la mancanza di sostegni economici reali (in molti stanno aspettando dei sussidi da dicembre), hanno portato ad un ridimensionamento drastico delle attività.
Stando alle stime delle domande pervenute attraverso portaleristorazione.it sono almeno circa 30mila domande di sostegno. Quelle effettuate attraverso gli uffici postali si attestano alla metà. Mediamente ogni richiesta si aggira sui 7mila euro.
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Per effetto delle suddette considerazioni, molti proprietari hanno dovuto ridurre il personale. Altri invece hanno ceduto l’attività o chiuso definitivamente. Qualcuno ancora va avanti con l’asporto. Un regime che prevede comunque dei costi per il personale addetto alla consegna. Di certo non può risollevare il bilancio.