Contratti sospesi con le aziende italiane. Più una minaccia che un’azione di guerra ma Erdogan ribadisce la sua posizione. E Palazzo Chigi…
Era inevitabile che qualche conseguenza arrivasse. Dopo la convocazione dell’ambasciatore italiano, la Turchia gioca la seconda carta nel pericoloso Risiko innescato a seguito della dichiarazioni di Mario Draghi nei confronti del presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. La peggiore per il momento, almeno sulla carta. Anche perché va a infilarsi proprio nel cuore delle parole del presidente del Consiglio: “Con questi dittatori bisogna essere franchi, ma comunque è importante una cooperazione”. Detto fatto: i contratti posti in essere con le aziende italiane, per un valore complessivo di affari da 10 miliardi l’anno, sono stati sospesi.
Una mossa abbastanza preventivabile ma comunque un segnale importante. Erdogan ribadisce la sua intenzione di non retrocedere dal volere scuse ufficiali, e lo fa colpendo proprio dove Draghi aveva invitato a convergere. E’ ancora presto per parlare di guerra commerciale ma le premesse sembrano esserci tutte. I chiarimenti avvenuti per canali diplomatici non smuovono Ankara dalla posizione granitica assunta nei confronti di Roma. Altrettanto granitica sembra la posizione di Mario Draghi, che appare tutt’altro che intenzionato a fare dietrofront.
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In sostanza, il Sofagate rischia di costare caro. A meno che le parti non decidano improvvisamente di sterzare in senso opposto e fare pace. Per ora non c’è una decisione ufficiale sulla sospensione dei rapporti economici ma il semplice fatto che venga alimentato lo spauracchio è fonte di preoccupazione. Basti pensare che la Leonardo, ovvero la holding tecnologica di controllo statale, si è vista bloccare un acquisto da 70 milioni di euro. In ballo, una partita di dieci elicotteri AW169, primo di una serie di acquisti che la Turchia sembrava in procinto di mettere a punto con l’azienda italiana. E che ora rischia di costare 150 milioni di euro se la crisi non rientra.
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Chiari segnali di guerra economica che, per il momento, è solo un rombo di tuono. Repubblica, però, riferisce anche di altre due società a rischio “congelamento”, così come Ansaldo Energia, che naviga nel tempestoso mare dei debiti (da oltre 100 milioni) della centrale elettrica di Gebze, per i quali è in trattativa per ottenerne la gestione. Da capire se i nuvoloni il temporale lo minaccino soltanto. Da Palazzo Chigi la mossa di Erdogan non sembra preoccupare più di tanto ma sembra che, prima o poi, qualcuno un passo indietro dovrà farlo.