La possibile introduzione della patrimoniale spinge molti italiani a cercare soluzioni alternative, come ad esempio portare il denaro all’estero: vediamo quando è possibile
L’aumento dei risparmi sul conto corrente per via della situazione di emergenza dovuta al covid è ormai una costante. Le persone spinte dalla paura e dall’incertezza della pandemia tendono a conservare di più il loro denaro per far fronte ad ulteriori imprevisti.
Una mossa che però potrebbe rivelarsi non proprio azzeccata qualora dovesse essere introdotta la patrimoniale sui soldi disponibili sul conto corrente. Per questo in tanti stanno studiando delle soluzioni per evitare di dover “dare allo Stato” ciò che è stato messo da parte con sudore e sacrifici.
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Portare all’estero i propri capitali di primo impatto può sembrare la chiave per risolvere il problema. A differenza del passato non è necessario andare per forza in posti esotici o caraibici, ma ci si può affidare a banche più vicine come quelle bulgare, lituane o svizzere.
Non tutti sanno però che le tasse vanno pagate in base alla propria residenza fiscale, quindi il trasferimento di redditi italiani va inserito nel quadro RW per gli investimenti e attività finanziarie all’estero. Quindi di fatto si eviterebbe solo il prelievo forzato ma non la richiesta da parte del Fisco.
Ad ogni modo è bene informarsi su costi e rischi derivante dalla suddetta operazione. Vanno considerati l’affidabilità del paese in cui si decide di lasciare i propri risparmi, così come quella delle banca scelta.
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La convenienza può essere rappresentata dai costi, che sia per il mantenimento della liquidità sia per il numero di transazioni è decisamente basso in molti paesi dell’Unione Europea (ad esempio in Lussemburgo applicano tassi negativi anche dello 0,5%). Dunque, prima di portare i soldi oltreconfine si devono fare tutte le valutazioni del caso e non solo pensare ad evitare lo spauracchio della patrimoniale.