Al contrario di quanto si pensa Facebook non è propriamente gratuito. Ecco in che modo il colosso dei social prende un corrispettivo dai singoli utenti
Facebook non è il paradiso sociale che appare agli occhi della gente. O meglio, non è uno strumento del tutto gratuito. Al momento dell’iscrizione non sono richiesti costi, ma il potente strumento ideato da Martin Zuckerberg alla lunga si prende la sua quota con tanto di interessi.
Proprio per questo carattere oneroso da sempre occultato e in molti casi stravolto (spesso viene pubblicizzato come servizio gratuito), l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato ha comminato una multa da 7 milioni di euro confermata anche dal Consiglio di Stato e da una sentenza del Tar del Lazio. Un comportamento che viola la disciplina contenuta all’interno del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati e nei codici per la Privacy dei paesi dell’Unione Europea.
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Secondo l’Agcom l’errore più grande che commette quotidianamente Facebook è quello di commercializzare i dati degli utenti senza nemmeno informali al momento della creazione dell’account. Questa è a tutti gli effetti una controprestazione, una sorta di pagamento per l’accesso alla piattaforma.
L’azienda in questo modo ha degli introiti, ma in apparenza fa pensare all’utente che per poter utilizzare il noto social network non deve pagare nessun costo. Utilizzare le info delle persone per mere pratiche commerciali al giorno d’oggi è un pagamento vero e proprio, se poi viene fatto allo scuro di tutti diventa ancora più fuorviante.
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In seguito alla sopracitata sentenza, Facebook ha provveduto ad eliminare l’informativa sulla gratuità del servizio. Al momento però non si è attivato a garantire le corrette informazioni sulla gestione dei dati personali.