In attesa della riforma, gli effetti della Fornero potrebbero sortire ancora effetti imprevisti. Ecco cosa aspettarsi da qui al 31 dicembre.
Non c’è solo l’orizzonte della riforma fiscale a stagliarsi per l’Italia del 2021. Entro il nuovo anno, infatti, anche il nuovo assetto pensionistico dovrebbe perlomeno vedere luce per la maggior parte. E, in questo senso, è normale che i lavoratori attendano di saperne di più, sia per il modo in cui si andrà a superare Quota 100 (voluta fortemente dall’allora governo gialloblu), sia per capire come andrà a finire per coloro che ancora hanno a che fare con gli effetti della Legge Fornero. Data 2011 ma, nonostante il decennio esatto, protagonista diretta della nuova impalcatura pensionistica attesa da migliaia di lavoratori italiani.
I fattori da tenere in considerazione sono parecchi. In primis il ruolo dell’Europa, i cui dettami vanno presi in debito conto al fine di delineare una riforma pensionistica. Così come tutte le procedure di welfare del resto. Il sistema che verrà (con le ipotesi di Quota 102 che restano in piedi come misura provvisoria), probabilmente, differirà dagli effetti sortiti dalla misura caldeggiata qualche anno fa dalla Lega. La quale, a ora, prevede un’età anagrafica per i contributi fissata a 62 anni e 38 giorni. Requisiti utili ad andare in pensione in modo anticipato rispetto alla scadenza prevista. Un cento complessivo per l’appunto.
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La deadline è quella del 31 dicembre 2021, ovvero quando scadrà la misura di Quota 100. Ma se una va, l’altra resta. La Legge Fornero ha ricevuto un solo superamento vero e proprio, ovvero proprio la misura stabilita dal Conte I. Con la fine della sua validità, si ripresenta il nodo dell’estensione quinquennale, da 62 a 67 anni come età pensionabile. Per questo, nell’ottica della riforma pensioni, si dovrà capire come regolarsi con gli effetti della Fornero, primo fra tutti sciogliere il nodo della penalizzazione. Se, come si ipotizza, si potrebbe proseguire sulla linea dell’adeguamento all’aspettativa di vita (stoppato dal Dl 4/2019), più difficile fare previsioni sugli effetti penalizzanti del metodo contributivo.
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Per una buona schiera di lavoratori, specie per coloro che hanno avuto una carriera discontinua (o irregolare da un punto di vista contributivo per una serie infinita di ragioni). Questo perché il sistema contributivo diventa essenziale e sbilancia il rapporto versamenti-età anagrafica. Un effetto penalizzante che potrebbe proseguire qualora vengano modificati gli strumenti di calcolo degli assegni. La soluzione allo studio potrebbe essere quella della flessibilità, con l’istituzione di provvedimenti utili a compensare il deficit (fin troppo comune) fra anni di lavoro e posizione contributiva. Per i più giovani si studia il fondo pensionistico. Altro provvedimento essenziale.