La sentenza 152 del luglio scorso rivede la legislazione in materia. L’aumento dell’importo pensionistico di invalidità riguarderà tutti i beneficiari maggiorenni.
Novità in vista su parecchi fronti con il 2021. Non fa eccezione il tema della pensione di invalidità, le cui modifiche avanzano in continuità con quelle avviate nel 2020. Un rinnovamento che, come prima cosa, vedrà l’estensione dei beneficiari dell’aumento della pensione, che passa dai soli over 60 a tutti coloro che percepiscono il 100% di invalidità civile. E questo sarà valido fin dal compimento dei 18 anni di età. Resta il vincolo dei requisiti legati al reddito, in base al quale verrà riconosciuto l’aumento (per un massimo di 651 euro al mese per 13 mesi).
La sterzata è stata impressa soprattutto a seguito dell’insediamento del nuovo governo, che ha istituito un nuovo ministero, facente capo al ministro Erika Stefani e dedicato proprio alla Disabilità. Ma una spallata è arrivata anche con la sentenza numero 152 della Corte Costituzionale. Arrivata nel luglio scorso e utilizzata come indicatore di una pensione di invalidità ritenuta, fin lì, insufficiente per i percettori. In sostanza, il pronunciamento stabiliva che non solo gli over 60 ma tutti gli invalidi maggiorenni avessero diritto al trattamento pensionistico.
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In sostanza, con la sentenza n. 152 si imprime una svolta ai criteri di assegnazione della pensione di invalidità, che rivede in buona parte quanto previsto dalla legge n. 448 del 2001. Ovvero, il codicillo che il pronunciamento dei giudici ha ribaltato, rimuovendo il passaggio che conferiva gli aumenti esclusivamente agli aventi diritto dai sessant’anni in su. I giudici hanno decretato che il requisito anagrafico “è irragionevole in quanto le minorazioni fisico-psichiche, tali da importare un’invalidità totale, non sono diverse nella fase anagrafica compresa tra i diciotto anni e i cinquantanove“.
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Per quanto riguarda i requisiti, vige il distinguo fra i beneficiari, nello specifico fra coloro coniugati e i non coniugati. I controlli verranno eseguiti dall’Inps applicando il criterio del reddito: per chi rientra nella seconda categoria, non bisognerà superare la soglia degli 8.469,63 euro (importo massimo moltiplicato per tredici mesi); nel primo, l’importo da non superare sarà il medesimo ma con la possibilità di una variabile. Ovvero quella dei redditi cumulati con il coniuge, i quali non dovranno superare l’importo annuo di 14.447,42 euro.