Le ultime scosse nell’Adriatico hanno riportato a galla gli incubi di cinque anni fa. Quello del terremoto, anzi, dei terremoti che misero in ginocchio il Centro Italia.
Dalla Croazia fino a Napoli, con particolare interessamento delle zone costiere adriatiche. E’ uno sciame sismico che dà da pensare quello che sta interessando la costa est del nostro Paese, alle prese con una serie di movimenti tellurici che, nella giornata di ieri, hanno fatto registrare una scossa di 5.2 (inizialmente annunciata di 5.6) gradi della Scala Richter. Ovvero, un potenziale terremoto di elevata pericolosità, qualora l’epicentro si fosse collocato in corrispondenza delle terre emerse. E, come accaduto per giorni in occasione del sisma che devastò il Centro Italia nel 2016, la terra ha continuato a tremare.
Secondo l’Istituto di Geofisica e vulcanologia (Ingv), più di 10 terremoti (fra i quali uno di 3.1) sono stati registrati dai sismografi a seguito della scossa più forte. Un totale di quasi 70 eventi sismici registrati in 24 ore pur, fortunatamente, senza danni né vittime. Un dato che, a ogni modo, conferma l’alto tasso di sismicità del nostro Paese e, allo stesso tempo, il già segnalato periodo di movimento delle faglie sulle quali la Penisola emerge. Una condizione già nota ma comunque, in potenza, portatrice delle medesime problematiche. Le quali, troppe volte, si sono prodotte in vere e proprie tragedie.
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Di recente è ricorso il quarantesimo anniversario del sisma che mise in ginocchio l’Irpinia nel 1980. Funestata da un novembre che, nelle ore subito precedenti alla scossa, sembrò quasi anticipare la primavera. Prima di riservare agli sfollati un lungo inverno di gelo e neve. L’occasione dell’anniversario ha consentito di fare il punto su quelli che furono gli interventi di soccorso prima e ricostruzione poi, ma anche di ricordare i “buchi” del processo di rimessa a punto del territorio. E, nondimeno, una pietra di paragone con quanto sta accadendo nel Centro Italia, fra Amatrice, Accumoli e tutte le altre aree colpite dagli eventi sismici dell’agosto-ottobre 2016.
Terremoto, l’Italia trema ancora: a che punto è la ricostruzione
Quasi cinque anni dopo, l’asticella della ricostruzione non si è spostata ancora di molto. Anche se, a onor del vero, l’insediamento a capo della Commissione di Giovanni Legnini sembra aver portato un nuovo impulso propulsivo nonostante la pandemia. Il quale non si è ancora tradotto in passi concreti (quelli che da tempo chiedono gli abitanti di paesi e frazioni, che hanno appena trascorso il loro quarto inverno nelle abitazioni provvisorie) ma che sembra poterlo fare a breve.
“Sul centro storico di Amatrice – aveva detto pochi giorni fa Legnini – siamo ancora in una situazione di fermo ma, a seguito degli strumenti nuovi varati in questi mesi, siamo vicinissimi all’adozione del Programma straordinario del progetto di ricostruzione: sarà varata un’ordinanza speciale per Amatrice, per consentire di far partire i cantieri privati“. La deadline è la fine del mese. Anche se qualcosa ha già iniziato a muoversi: 3.200 cantieri aperti prima del 31 dicembre e circa 1.700 famiglie tornate a casa. Numeri incoraggianti, considerando che si tratta del doppio rispetto all’ultimo triennio.
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A illustrare i dati, relativi ai primi dieci mesi di commissione, è stato lo stesso Legnini nel rapporto “La ricostruzione dell’Italia centrale“. Come si diceva, un incoraggiamento. Di lavoro ce n’è ancora tanto ma il processo di semplificazione burocratica dichiarato dal commissario sembra aver consentito quantomeno di accelerare su un piano che rischiava di arenarsi. La sfida è evitare a quante più persone possibile un nuovo inverno fianco a fianco con le macerie. Nei centri città come nelle frazioni abbandonate, fra erbe selvatiche e silenzio.