Solitamente l’allenatore di calcio è il primo a pagare quando la squadra non ottiene i risultati sperati. Sono diverse le possibilità in questi casi, scopriamole insieme
Italiani, popolo di calciofili per antonomasia, dove tutti si sentono allenatori anche senza averne le giuste competenze. Una tendenza che a livello mediatico ha degli impatti sulle società, che da sempre appena i risultati non sono dalla loro parte, decidono di cambiare allenatore.
Soprattutto nel Bel Paese è difficile dare fiducia a lungo termine ad un tecnico: il verdetto del campo regna sovrano ed incontrastato. Ciò comporta che in ogni campionato di Serie A almeno 4-5 squadre prendono questa decisione.
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La strada più comune e più semplice da percorrere è quella dell’esonero, che prevede il sollevamento dall’incarico, ma non l’interruzione del rapporto contrattuale. Dunque i club devono comunque corrispondere lo stipendio all’allenatore (che di fatto sta a casa seduto in poltrona), il quale non potrà impegnarsi con nessun’altra squadra fino alla scadenza o alla risoluzione del contratto.
Altra pratica abbastanza diffusa in Italia è quella di richiamare l’allenatore esonerato. Ciò accade quando nemmeno il sostituto è riuscito a soddisfare le aspettative della dirigenza e a quel punto per non avere tre stipendi sul groppone (soprattutto in questo periodo di crisi covid) si ritorna sui propri passi.
La seconda opzione è quella della risoluzione contrattuale. In questo caso viene meno il vincolo giuridico e dal momento della stipula dell’atto, le parti non devono rendersi più conto di nulla.
In linea di massima ciò avviene in casi di gravi inadempimenti come il mancato pagamento dello stipendio al mister o se quest’ultimo non si presenta agli allenamenti o alle partite. I risultati e le divergenze non sono presi in considerazione al fine della risoluzione.
Nel calcio moderno spesso si cerca di trovare un accordo per giungere ad una rescissione consensuale con consistente buonuscita per l’allenatore. Ci sarebbero anche le dimissioni come ipotesi da prendere in considerazione, ma in quel caso il tecnico dovrebbe rinunciare a qualsiasi pagamento.
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Non è da escludere il licenziamento per giusta causa, che è strettamente correlato alla risoluzione del contratto. Qualora si decida di intraprendere questa strada è altamente probabile uno scontro legale. La giusta causa infatti va dimostrata e non è detto che sia sempre legittima. Se così non fosse l’allenatore sollevato dall’incarico può richiedere il risarcimento del danno subito.