Il condono fiscale varato dal Governo non riguarda tutti i tributi. Alcuni vanno pagati comunque così come previsto: vediamo di quali si tratta
Il condono fiscale inerente i debiti fino a 5.000 euro non ha valenza per tutti i casi. È bene effettuare le giuste distinzioni, in modo tale da capire cosa bisogna pagare e cosa invece non è più dovuto.
La normativa prevede la cancellazione delle cartelle esattoriali fino alla suddetta cifra emesse tra il 1 gennaio del 2000 e il 31 dicembre del 2010. Possono avere accesso a questo “maxi sconto” coloro che hanno un reddito imponibile relativo all’anno 2019 al di sotto dei 30.000 euro. Per effetto di ciò, ecco quali non sono assolutamente ricompresi nello stralcio.
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Condono fiscale: quali sono i tributi esclusi dalla normativa
Restano fuori diversi contributi comunali come Imu, Tari e Tasi. A questi vanno aggiunti i recuperi di aiuti di Stato, le somme derivanti da sentenza di condanna della Corte dei Conti, risorse dell’Unione Europea (dazi, Iva di importazione).
Inoltre, non sono inclusi nel condono le somme riscosse da Enti locali territoriali (attraverso ingiunzione fiscale), ovvero Regioni, Province e Comuni. Si tratta di un provvedimento diverso dalla classica cartella di pagamento e può essere emessa direttamente dai sopracitati organi (o da società concessionarie private) senza passare dall’Agenzia delle Entrate.
Chi ha ricevuto questo genere di atto, di fatto non ha possibilità di condono visto che non si tratta di una cartella esattoriale. Il tributo va pagato a prescindere visto che non fa parte della cosiddetta pace fiscale.
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La speranza però è l’ultima a morire. Il Parlamento infatti può ancora apportare delle correzioni al Dl Sostegni prima di convertire in legge il provvedimento. Non è da escludere, anche se allo stato attale appare remota, la possibilità che in qualche modo possano essere inseriti i tributi relativi agli Enti locali, lasciando comunque piena autonomia di azione a Comuni, Province e Regioni.