Uber, la Corte Suprema inglese ha deciso: non li chiamate freelance

La santenza riguarda il lavoro dei collaboratori della multinazionale, i quali ad avviso della Corte Suprema sarebbero loro dipendenti.

Sentenza a sostegno dei lavoratori della multinazionale Uber. Secondo la Corte Suprema inglese infatti i collaboratori della società di trasporti non devono essere considerati freelance, ma veri e propri dipendenti.

Questo costringerà l’azienda, fondata a San Francisco e considerata insieme ad AirBnb la più grande collective collaborativa del mondo, a garantire la tutela contrattuale a tutti gli autisti.

“I nostri assistiti hanno lottato per molti anni anni per i diritti dei lavoratori, siamo felici che finalmente stiamo arrivando in fondo“, ha commentato Nigel Mackay, avvocato dello studio Leigh Day

Uber, la Corte Suprema inglese ha deciso: non li chiamate freelance, sono dipendenti

“Ora la Corte Suprema è giunta alle stesse conclusioni evocando a questo punt lapossibilità di “richieste di indennizzi per migliaia di sterline” da ciascun autista come compensazione delle mancate tutele del passato.” Questa la conclusione del legale rappresentate di molti degli autisti coinvolti.

Soddisfatto pure Mark Cairns, autista Uber e rappresentate sindacale della rivolta: “Dopo lungo tempo, abbiamo ottenuto la vittoria che meritavamo, lavorare per Uber è stressante, era il minimo che dovessimo avere gli stessi diritti degli altri lavoratori (dipendenti)”, ha affermato. 

Il Regno Unito rappresenta uno dei pilastri europei che riguarda la società americana di trasporti. Con la sentenza di oggi, l’obiettivo inizia ad essere l’abolizione progressiva di quel lavoro in nero che contraddistingue anche i colossi della cosiddetta “gig economy”.

In Italia l’azienda Uber ha da sempre, ovvero da quando sbarcato sulla penisola nel 2015, avuto problemi di regolarizzazione, considerato un servizio abusivo inizialmente e privando delle licenze i suoi autisti.

Al momento l’unico servizio accettato è UberBlack.

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