Se ne parla da tempo e, ora, le stime europee sembrano portare tutte le strade in questa direzione: c’è davvero da aspettarsi una patrimoniale?
La voce circola dal momento in cui i bookmakers avevano iniziato a indicare Mario Draghi come possibile futuro premier italiano. Ovvero, da quando l’attuale presidente del Consiglio ha terminato il suo periodo a Francoforte, alla direzione della Banca centrale europea. Immaginando una premiership, si ipotizzava già allora come un economista alla guida del Paese, peraltro di fortissime convinzione europeiste e già alla guida di un organo centrale come l’Eurotower, potesse ripristinare alcune soluzioni inevitabilmente gravose per le tasche dei contribuenti.
Questo ben prima che il coronavirus arrivasse a invadere le nostre vite. Anche perché c’è da considerare un dato importante. L’Italia non ha solo a che fare con le scorie della crisi pandemica, ma con un annoso problema di crescita. Dal 2008 in poi, con qualche eccezione, il trend di welfare è stato sconfortante. Prova ne siano il calo demografico e il livello sempre elevato di debito pubblico, che più volte ha fatto storcere qualche naso proprio in seno all’Europa. Basti pensare, per non andare troppo indietro nel tempo, a quanto ci volle per convincere Bruxelles a concedere il beneplacito per la Manovra 2018.
Ora, l’Europa rappresenta un viatico fondamentale alla fine della crisi. In ballo non c’è solo lo stanziamento del Recovery fund ma anche la promessa di attenersi alle regole comunitarie nell’impiegare i fondi di emergenza. E visto che niente è gratis, gli italiani saranno chiamati a fare la loro parte. Il Patto di stabilità probabilmente scivolerà al 2023 ma già da ora appare necessario invertire la tendenza che, da un decennio a questa parte, vede il nostro Paese come fanalino di coda in termini di crescita. E se è vero che in atto c’è una riforma fiscale, è anche vero che parecchie novità ci sarà da aspettarsele anche sul piano della tassazione.
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Incubo patrimoniale, stangata in arrivo? Le ragioni europee
Al momento, lo spettro ha un nome. Patrimoniale è un termine che fa drizzare le antenne. Ma, con il Decreto Sostegni in arrivo e (si spera) un futuro non troppo lontano di ripresa, finora non ritenuto abbastanza concreto. Il problema è che la crisi innescata dalla pandemia ha colpito a morte un corpo già dolorante. Il cui un ruolino di marcia che dice 0,2% in media di crescita ogni anno. Praticamente, dal 2009 al 2019, l’Italia non si è mossa di un passo. E in Europa se ne sono accorti da tempo, tanto che lo stesso Gentiloni (ex premier e oggi commissario agli Affari economici della Commissione Von der Leyen) in fase di Legge di Bilancio aveva invitato a tener conto dei parametri comunitari.
Ora, al netto di tutto (con 100 miliardi di scostamento di bilancio e altri 20 pronti a essere innescati), serve come prima cosa rivedere gli standard. Le stime dicono almeno di un 1,8%, portando il ritmo di crescita a un 2% annuo. Posto che una politica assistenziale non serve a nessuno, se non a tamponare (come ora) un’emergenza comune, la strategia del Quirinale nell’assegnare Palazzo Chigi a Mario Draghi rientra proprio in quest’ottica. E in questo senso, lo spettro della patrimoniale assume contorni ben più definiti di quanto non fossero solo pochi mesi fa.
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In sostanza, quello che si prospetta per gli italiani sarà il sacrificio più estremo. Non è detto che alla fine andrà così ma è giusto essere preparati. Anche perché il rischio, considerando le mosse già effettuate dalla Bce (fondi Sure come pure l’acquisto di obbligazioni per evitare il naufragio delle economie interne) che hanno spinto le casse europee a lavorare a pieno ritmo, è quello di un periodo di stagflazione. La speranza è che la potenza di fuoco serva a superare questo rischio e a consentire alle economie nazionali di riprendere a camminare da sole. Un’altra variante del problema, però, sorge se la pietra d’angolo del welfare sono settori di fatto massacrati dalla pandemia. Tipo il turismo. Per la serie, se mai dovesse essere il gioco dovrà per forza valere la candela. Ne va del futuro del Paese.