Tornano le zone rosse e con esse l’autocertificazione, da compilare in modo veritiero. Ma se non lo fosse cosa succederebbe? Una sentenza dice questo…
In queste ore l’esecutivo a guida Draghi è al lavoro sul nuovo Dpcm che inquadrerà i giorni che avvicineranno l’Italia alle festività pasquali. Il Consiglio dei ministri in realtà ha già dato l’ok al passaggio delle Regioni nella fascia di colore che indica rischi più alti. Il tutto andrà a seconda dell’incidenza dei contagi (zone rosse o lockdown laddove si superi il limite di 250 ogni 100 mila abitanti). E questo porta anche alcune regioni finora in fascia gialla, come il Lazio, a passare in quella rossa.
In questo quadro, spostarsi diventerà ancora più difficile. Solo per determinate ragioni e solo tramite autocertificazione, che tornerà a far parte della quotidianità dei nostri spostamenti. I quali restano comunque vivamente sconsigliati, in quanto l’indice dei contagi può essere tenuto sotto controllo, dicono gli esperti, attraverso la responsabilità di non offrire occasioni di assembramento. In sostanza, sarà una Pasqua “rossa”, non esattamente come lo scorso anno tuttavia, sempre che l’indice non cresca ulteriormente.
Compilare l’autocertificazione sarà necessario per dimostrare, in casi di controlli, di essersi mossi solo per le eventualità consentite (necessità, lavoro, salute o esigenze). E, naturalmente, nel foglio dovranno essere indicati correttamente sia i propri dati che, in modo veritiero, le motivazioni. In caso contrario, infatti, si metterebbe a rischio l’incolumità della nostra coscienza civile ma, soprattutto, si potrebbe incorrere in qualche sanzione. O forse no? Sul tema, infatti, è intervenuta una particolare sentenza che mette in discussione alcuni punti.
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Autocertificazione, il ritorno: una particolare sentenza
A Reggio Emilia per la precisione. Qui, infatti, un magistrato ha emesso una sentenza che definisce l’autocertificazione falsa non come un reato dal momento che “i Dpcm sono illegittimi e anticostituzionali”. Il caso preso in esame era stato quello di due persone che, mentendo, avevano detto ai carabinieri che li avevano fermati per un controllo di essersi mossi per una visita medica.
Tuttavia, secondo il giudice, il tutto non poteva essere spostato sul piano penale, in quanto il Dpcm (per l’esattezza quello che istituì il lockdown) va contro un principio costituzionale: quello della libertà personale. L’atto amministrativo è stato quindi disapplicato e i due prosciolti. Una sentenza che è destinata a costituire un precedente importante. Naturalmente, scrivere informazioni veritiere resta un dovere. Soprattutto per la nostra coscienza.