Il piano del governo Draghi è ridurre il peso fiscale e ridisegnare l’assetto del sistema. Non solo flat tax: in piedi anche l’ipotesi progressività.
Da quando Mario Draghi si è messo al timone del governo (ma in realtà anche da prima), l’orizzonte da tenere d’occhio non è solo quello del decreto Sostegno. O meglio, l’attesa per gli ex ristori è naturalmente quella più febbricitante poiché dal prossimo dl si capirà quali e quanti saranno i sostegni finanziari per i lavoratori in crisi. Ma sul tavolo c’è anche il delicato tema della riforma fiscale, vero snodo cruciale (e anche a brevissimo termine) dell’esecutivo guidato dall’ex presidente della Bce.
L’obiettivo dichiarato è quello di alleggerire il peso fiscale. E in questo senso trovano spazio tutte le discussioni andate avanti in questi giorni, relative alla rottamazione delle cartelle esattoriali, al saldo e stralcio sui bolli auto e via dicendo. Tuttavia, da definire a stretto giro c’è anche tanto altro. L’Istat, in questi giorni, ha parlato chiaro su diversi fronti. Sulla regressione del tenore di vita degli italiani, sull’incremento della povertà e anche sull’aumento, nel 2020, della pressione fiscale. Un aumento che porta l’indice al 43m1% dell’onere delle tasse rispetto al reddito percepito.
Un buco che deve essere colmato attraverso l’applicazione di misure che vadano innanzitutto a flettere la curva della pressione fiscale. Ecco perché, in queste ore, torna a galla l’ipotesi della flat tax a fronte dell’elevato peso del cuneo fiscale. Un sistema non nuovo, discusso e affrontato dagli analisti soprattutto sul bivalente piano dei vantaggi e degli svantaggi. Di sicuro, una delle strade sondate per cercare di capire se lo snellimento del sistema corrisponda a un alleggerimento fiscale.
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Riforma fiscale, tra flat tax e progressività: la doppia soluzione
I favorevoli alla flat tax vedono proprio nella semplificazione la carta vincente. Accanto, naturalmente, a un progetto di incentivo al lavoro che ponga come pietra angolare la soglia uniforme dell’aliquota (finora pendolante fra il 15% e il 20%). Il margine di manovra sarebbe sulla classe media, sgravata dal peso fiscale, e sulla classe agiata, incentivata alla produzione di un reddito maggiore. Al contempo, chi non è convinto sostiene che un taglio delle aliquote andrebbe a produrre alla lunga l’effetto contrario, ovvero favorire i redditi elevati nonostante siano la minima parte dei contribuenti.
Ma, come si diceva, è una misura tutt’altro che nuova. Anzi, in Italia la normativa è sempre vigile sulla questione fiscale, orientata finora più a risollevarsi tramite riduzione del cuneo fiscale che attraverso la strategia della progressività del prelievo. A ogni modo, l’altra idea è proprio questa. Un sistema impositivo progressivo che porti il rapporto fra tasse e reddito a crescere di pari passo a quest’ultimo. In questo caso niente taglio ma aliquote medie in crescita proporzionale a quella del reddito. Praticamente una ricetta mista.