Una strategia o un affare da benestanti? Il versamento dei contributi volontari necessità di una buona disponibilità se si ragiona su base quinquennale. Ecco quanto occorre.
Lo strumento dei contributi volontari sta prendendo via via sempre più piede considerando la difficoltà nel mettere assieme le somme giuste per riuscire a garantirsi una pensione. Alla fine della fiera, pagarsi almeno cinque anni di contributi Inps (ai fini delle pensioni) potrebbe costituire un buon deterrente anche se tutto dipende naturalmente da una serie di fattori. Non ultimo, anzi il primo, quanto occorra in termini di denaro. Se si parla di versamento volontario, infatti, si presuppone l’assenza di qualche periodo contributivo ma, allo stesso tempo, di lavori eseguiti.
In questi casi, farsi due conti non è semplicissimo. Vanno valutate le disponibilità e, soprattutto, l’utilità ai fini dell’accumulo pensionistico. In effetti, alcuni scelgono questa opzione anche per accelerare sulla maturazione del diritto al trattamento della pensione, in modo anticipato ovviamente. Per la maggior parte si tratta di chi compie lunghe tratte o svolge lavori usuranti o di responsabilità particolarmente elevate. In pratica, l’interrogativo è sempre lo stesso: conviene davvero versare di tasca propria per accelerare sul fronte pensione?
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Contributi volontari, scalata alla pensione: conviene o no?
Va da sé che tutti i dettagli sono importanti. Ma è solo una volta capito quanto effettivamente servirà in termini di denaro che si potrà scegliere se procedere o meno. Fare un calcolo generico è difficile visti i tanti fattori personali riconducibili al singolo lavoratore. Tuttavia, ci ha pensato lo stesso Inps a dare una sorta di linea guida, attraverso la circolare 27/2021, nella quale si traccia (a grandissime linee) il fattore contributi. Nel documento, ad esempio, si specifica che i costi non sono uniformi ma soggetti a variazioni per diversi motivi.
Il primo di questi è la data di richiesta di contribuzione volontaria. Quelle arrivate al 31 dicembre 1995, ad esempio, vedono un ammontare annuo di 2.988,77 euro, addirittura di 14.943,85 ragionando sui cinque anni. Da quella data in poi, invece, l’importo cresce: orientativamente, sul periodo di un anno, si parla di 3.538,91 euro, 17.694,55 per il quinquennio. Cifre importanti quindi, che meritano un ragionamento ponderato. Certo è che, per quanto importanti, i periodi riferibili a buchi contributivi devono essere stati corrisposti perlomeno da momenti di poche spese. Un’equazione complicata.