In Italia la pasta è religione e nell’anno in cui è scoppiata la pandemia il consumo è aumentato in maniera piuttosto consistente
Il mercato dei generi alimentari è uno dei pochi che non ha dovuto fare i conti con gli effetti economici deleteri della pandemia. D’altronde passando molto tempo in casa la voglia di cucinare scatta in automatico.
Un prodotto in particolare ha avuto un incremento abbastanza interessante. Si tratta della pasta, eccellenza italiana diffusasi negli anni in tutto il mondo. A testimoniarlo è un’analisi di Unione Italiana Food su dati Iri.
Una ricerca Doxa invece ha portato alla luce che 1 italiano su 3 nel 2020 ha provato a sperimentare nuovi condimenti per la pasta. Un modo per dare sfogo alla propria fantasia e al contempo per dare un valore ancor più marcato a quella che insieme alla pizza è un marchio di fabbrica del Bel Paese.
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Andando a vedere i numeri nel dettaglio, lo scorso anno sono state acquistate circa 50 milioni di confezioni di pasta in più rispetto alla media delle annate precedenti. Naturalmente manco a dirlo i periodi più propizi in tal senso sono stati il lockdown nazionale da marzo a maggio 2020 e tra ottobre e novembre 2020, quando molte regioni hanno dovuto fare i conti con la zona rossa.
Una proiezione di questa crescita esponenziale è testimoniata dai social network, dove spaghetti, penne, rigatoni e altre tipologie di pasta hanno di fatto spopolato nel periodo preso in esame.
Negli ultimi 6 mesi sono state 270mila le citazioni tra Facebook, Twitter ed Instagram. Sulla cresta dell’onda Unione Italiana Food ha lanciato l’hashtag #PastaDiscovery. L’obiettivo quello di rendere noti i principi fondamentali della preparazione della pasta. Seppur ai nostri occhi può sembrare una mera formalità, non tutti sono in grado di cucinarla a dovere e con condimenti più complicati.