Il prezzo del greggio tocca livelli record al barile, mentre le quotazioni del metallo scendono. E il petrolio potrebbe superare indenne anche l’inflazione.
Se lo hanno chiamato oro nero un motivo ci sarà. No, non c’entra nulla il colore ma il valore sì. Fin dai tempi dei primi pionieri che capirono che grazie a quello strano composto situato silente sottoterra non sarebbe più servito lo spermaceti dei capodogli per accendere le lampade, la corsa al petrolio è stata un crescendo. Fino a diventare, come spesso accade, questione di pochi. Anzi, di pochissimi. Ora come ora, i prezzi del petrolio di fatto indicano l’andamento dei mercati internazionali. Decretando, a seconda del saliscendi, gli umori di giornata delle Borse e dei listini.
Il punto è che i tempi sono decisamente cambiati. Se solo a metà Ottocento il petrolio era una sostanziale novità, mentre la caccia all’oro ancora portava i minatori a scarpinare sugli scalini di ghiaccio del Chilkoot Pass nel Klondike, oggi il tracciato dell’economia mondiale si fa facendo la conta sui prezzi dei barili. Ad esempio, il Brent ha toccato solo 24 ore fa la modica cifra di 71,29 dollari al barile, mai così bene dalla primavera del 2019 (prima della pandemia). Stamattina, per intenderci, il prezzo è rimasto a 68 dollari. Più in generale, l’andazzo dice +30% dall’inizio dell’anno.
E l’oro? Arranca e non certo perché messo a contatto con qualche tipo di fucina. Quotazioni sotto i 1.700 dollari, oltre il 10% in meno ragionando in termini percentuali. Un’enormità. Ancora di più se si considera che, dopo l’annuncio dell’Arabia Saudita sul mantenimento del taglio dell’offerta di 1 milione di barili al giorno anche per il mese di aprile, il prezzo del petrolio non è praticamente mai sceso sotto i 65 dollari. Uno scenario che, per chi esporta, significa festa. Per chi il petrolio lo importa, tuttavia, le cose non vanno altrettanto bene.
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Il petrolio brilla, l’oro no: perché il barile potrebbe superare il lingotto
Il problema si chiama “caro greggio” e, in un contesto di crisi economica come in Europa e negli Stati Uniti, significa probabile impennata dei tassi di inflazione. Aspettativa rafforzata dalla probabilità (anzi, più che una probabilità) che le misure anti-Covid vengano prolungate ulteriormente rallentando ancora i consumi interni.
Tuttavia, non accade come in passato: l’oro, infatti, non funge da paracadute, anzi, retrocede ancora, perdendo ulteriore terreno anche nei confronti delle percentuali pre-Covid. Questo è possibile soprattutto perché il rialzo della domanda probabilmente non andrà oltre e le quotazioni del greggio potrebbero superare senza grossi danni anche il calo al di sotto dei 70 dollari. Mentre l’oro potrebbe continuare a scendere.