Cartelle esattoriali ed avvisi, le riscossioni riprendono il 1° marzo, ma Mario Draghi non ha trattato l’argomento all’incontro col Senato
Il primo giorno di marzo, è la data tanto temuta per almeno 50 milioni di titolari delle notifiche fiscali, divise tra cartelle esattoriali ed avvisi. Data tutt’altro che lontana, ma Draghi non ne ha fatto proprio riferimento ieri, nel suo discorso al Senato. Forse perché la sospensione dell’invio delle cartelle sarà l’ultima e durerà fino al 28 febbraio.
Quindi, dal 1° marzo dovrebbero partire i 50 milioni di atti: si tratta di notifiche fiscali sospese durante quello delineato come periodo di emergenza Covid. Probabilmente, non verranno spediti tutti insieme, infatti i tecnici del MEF stanno già studiando di diluire tutte le spedizioni in due anni.
Questo, anche perché è già stato calcolato che l’invio contemporaneo di tutti gli atti, sarebbe solo controproducente per la stessa Agenzia delle Entrate, che ha già messo in preventivo in quel periodo, di dover rispondere a reclami e richieste di chiarimenti, spesso fatti da remoto per le norme anti-assembramento.
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E di cosa ha parlato allora Draghi nel suo discorso al Senato? Della necessità di riformare l’Irpef, in modo da “semplificare e razionalizzare il prelievo”. E per poterlo fare, ci sarebbe bisogno di ridurre il carico fiscale e preservare il modello di progressività, in più, continuando con la lotta all’evasione fiscale.
Come era già previsto, Draghi ha dato molta importanza al Fisco, come tema principale di cui parlare, tralasciando appunto, la partenza in marzo di cartelle ed avvisi. La riforma va studiata in ogni minimo dettaglio, visto che il meccanismo del sistema tributario sarebbe davvero contorto e “le cui parti si legano una all’altra, non è una buona idea cambiare le tasse una alla volta”.
E quindi, se con il governo Draghi non ci saranno ulteriori proroghe su diversi tipi di tasse, cambierà invece quasi certamente, il sistema di regime forfettario. Per sapere cosa ne sarà effettivamente di questi suggerimenti, bisognerà attendere il voto della fiducia alla Camera, per poi vedere al lavoro il nuovo Esecutivo.