Un settore ancora remunerativo il mattone ma soggetto a numerose variabili. Una di queste è il coronavirus, con tutto quello che comporta.
Il mattone che non perde mai il suo valore è un luogo comune che, però, nel corso degli anni ha acquistato un che di verità. Spesso, infatti, a investire in questo settore non ci si rimette. Anzi, a volte viene da chiedere se e quanto possa fruttare un investimento a lungo termine fatto nel mattone. Non è semplice. Di sicuro, chi decide di investire nel mattone non è uno sprovveduto ma qualcuno che in modo oculato cerca di garantirsi quella che si può chiamare un’entrata costante. Funzionava qualche decennio fa, funzionava un decennio fa. Chissà se può funzionare ancora oggi.
Investire una somma di denaro consistente nel mattone richiede ancora quell’oculatezza o si è trasformato in un mercato standard? Parecchi interrogativi e, come sempre, la verità (o presunta tale) sta nel mezzo. Perché, come per ogni altra branca di investimento, il mattone dipende da variabili infinite oltre che dall’abilità di chi mette il capitale.
Per fare un esempio, potrebbe essere utile andare a vedere quanto possa valere oggi un cospicuo investimento fatto un paio di decenni fa. A diramare le nubi ci ha provato Tecnocasa, ovvero una delle principali compagnie di agenzie immobiliari che, ci mancherebbe, tiene d’occhio il mercato del mattone in modo costante. Lo studio in oggetto, in particolare, mette sotto i riflettori un macro-periodo che va dal 1998 a inizio 2020, quindi anche più di vent’anni. Con esempi tirati fuori dai centri abitati più grandi.
LEGGI ANCHE >>> Divorzio, quali sono i diritti dei figli: cosa c’è da sapere
LEGGI ANCHE >>> Bonus mobili e suddivisione dell’immobile: tutto quello che c’è da sapere
Il nodo, qui, è la rivalutazione del capitale. Uno di quei fattori che, chi investe nel mattone, deve necessariamente tenere d’occhio. In questo caso, secondo Tecnocasa, nel ventennio (o giù di lì) in questione tale dato si è attestato al 37,8%. Un numero generale, che raggruppa e racconta realtà profondamente diverse fra loro (basti pensare che Milano stacchi di parecchio le altre città, di fatto coprendo quasi la totalità della percentuale).
Le grandi città come Firenze e Napoli (che hanno fruttato un +66% di media) sopravanzano ad esempio la Capitale Roma (+51,8%) e anche in questo caso il divario con chi segue (Verona a +41,9%) è comunque ampio. Tutti rialzi importanti comunque. Le cose, quasi per inerzia, sono andate meno bene nei centri più piccoli.
Ma si diceva delle variabili. Il coronavirus è una di queste. Con tutte le sue sotto-variabili, inclusa la potenza di fuoco (in teoria) del Recovery fund e la fase di rallentamento dell’economia che ha per forza di cose influenzato anche il settore degli investimenti. Per questo un parallelismo con qualche decennio fa ha senso fino a un certo punto. Può però dare un’indicazione di massima su quello che, a oggi, resta comunque uno dei settori più remunerativi.