Le vittime nelle case di riposo spingono le famiglie a far ricorso all’assistenza domestica. Sono perlopiù lavoratori stranieri ma aumentano gli italiani.
Le novità introdotte dallo stato di pandemia sono state molte, tutte in grado di modificare la nostra quotidianità e imporre una sterzata imprevista alle logiche che l’avevano finora regolata. In tutti i settori, chiaro, soprattutto quello lavorativo. Sul quale, oltre al lockdown e alle restrizioni, hanno inciso anche i cambiamenti del nostro stile di vita, per forza di cose adeguato al coronavirus e alle sue implicazioni. Per restare all’ambito del lavoro, se il boom delle aziende tech era in qualche modo prevedibile (fra smartworking, call conference e compagnia bella), più curioso notare come si sia verificato un altro “boom”.
Il settore interessato è quello dei lavoratori domestici, fortemente gettonato durante il periodo della pandemia, dal momento che tantissime famiglie hanno fatto ricorso a figure come quelle delle colf o delle badanti, soprattutto per casi di assistenza ad anziani o persone disabili.
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Anche su questo ha influito la pandemia. Il numero elevato delle vittime nelle case di riposo ad esempio, che ha suggerito a molte famiglie di ricorrere all’assistenza domestica più che all’aiuto delle strutture in questione. Un settore che vede più che altro assunzioni di lavoratori o lavoratrici stranieri (il 70,3%, anche se in calo rispetto a una decina d’anni fa) e che peraltro subisce ancora la variabile del lavoro in nero. Peraltro anche in grosse percentuali: su due milioni di lavoratori domestici, sei su dieci sono in queste condizioni. L’Inps spiega che, nel 2019, i lavoratori domestici regolari erano 849 mila, addirittura in calo rispetto al 2018.
Per quanto riguarda il tipo di occupazione, si va dalle badanti (48%) alle colf (52%). Percentuali che non sembrano rispecchiare l’incremento delle une (+11,5%) e il calo delle altre (addirittura -32,1%). Anche in questo caso, però, subentra la questione del lavoro in nero: l’Inps, infatti, tiene conto nelle sue statistiche solo dei contratti registrati. I numeri dei rapporti di lavoro “informali” potrebbero far crescere l’una e far abbassare l’altra percentuale.
Sul piano di chi fa richiesta, gli stranieri sono nettamente più degli italiani. C’è un dato significativo però: il trend parla di un incremento di lavoratori connazionali come badanti, mentre il calo degli stranieri riguarda anche le colf. Le fasce d’età cambiano rispetto a qualche anno fa: oggi in prevalenza sono gli ultracinquantenni a impiegarsi in questi ruoli (52,4%).