In questo momento, ci sono carte prepagate meno consigliate per l’uso: vediamo quali sono e perché non sono le migliori
A vederle così, a leggere i benefit che ci lasciano, sembrano tutte uguali. Eppure, c’è una sorta di classifica tra le diverse prepagate, dovute anche ai minimi cambiamenti dell’una con l’altra.
Ne vediamo di molteplici anche nel panorama italiano, come quelle trattate dalle stesse PosteItaliane, vediamo però in cosa si differenziano.
Leggi anche>>> 5G, rivoluzione in atto: ecco come cambierà la nostra vita
Leggi anche>>> Dispetti fra banche e aumento dei costi di prelievo: perché dobbiamo rimetterci noi?
Quelle che una volta erano comunemente dette carte di debito, hanno poi trovato una denotazione più accattivante, con la parola “debito” sostituita da “prepagata”. In effetti, parliamo di queste schede molto usate e di cui standard sono molto simili di compagnia in compagnia. Come già detto, in Italia, la diffusione di questo tipo di carta, è dovuta soprattutto alla Postepay, il servizio pensato da PosteItaliane e che nel nostro Paese continua ad avere un forte seguito, al punto da essere anche seguite dalla Evolution, con tanto di IBAN.
Negli anni appunto, queste carte sono diventate di uso comune, al punto da diventare praticamente delle carte di conto, legate quindi ad un conto corrente che nella maggior parte dei casi è gratuito nella versione base. Un esempio è il Cc n.26 di cui carta prepagata è la Hype. Ad oggi, i circuiti più usati sono quelli di Visa e Mastercard, con tanto di IBAN europei ed italiani.
Ma qual è il consiglio: nel caso voleste usarle per l’accredito dello stipendio dovete essere sicuri, anzi il consiglio è quello di controllare bene, che la prepagata presenti per una cifra IBAN italiana, che inizia quindi con la dicitura IT. E non solo: attenzione al plafond. La cifra massima cioè che può contenere. Per vari motivi infatti, non conviene usare carte che ne abbiano uno basso. Sia perché vedreste accumularvi i propri stipendi, fino poi ad una spiacevole sorpresa, ma anche per i tassi di cambio qualora la si volesse utilizzare fuori dai confini europei.