Quando le pause diventano ripetute e o prolungate trasformano il diritto in un illecito. Prima di addentrarci nel merito della questione bisogna partire dal decreto n. 66/2003, che stabilisce che si può essere licenziati per la pausa caffè solo in presenza di alcune condizioni.
Ogni lavoratore ha diritto a fare una pausa di almeno 10 minuti per ogni giornata di lavoro duri almeno 6 ore. La durata della pausa può variare a seconda di quanto stabilito dai contratti collettivi.
Esistono delle tipologie di lavoro in cui ricorrono eccezioni, è il caso dei: videoterminalisti, lavoratori domestici, trasportatori, nonché dei dirigenti, dei minorenni e dei lavoratori a domicilio. In questi casi vige la regola che se il lavoratore ha un orario spezzato, potrebbe coincidere con la pausa pranzo, con la conseguenza che se ne potrà fare soltanto una.
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Pausa caffè: quando può ricorrere il licenziamento
Il licenziamento ricorrerà se si trascorre più tempo a fare pausa che a lavorare, come nel caso in cui il lavoratore che, appena arrivato in ufficio, va a prendere il caffè con i colleghi e si trattiene mezz’ora.
Il tutto, si aggrava se lo si ripete più volte durante la giornata lavorativa.
Con questi episodi, il lavoratore non rischia il licenziamento solo per l’eccessiva durata del caffè ma anche se fa tutto fuorché lavorare.
Prima di arrivare al licenziamento il lavoratore riceverà sanzioni e richiami graduali al fine dimostrare l’abitualità della condotta violativa. Si evince quindi che, se il comportamento è occasionale, non sarà possibile ricorrere al licenziamento disciplinare.
Una serie di piccole informazioni che possono in qualche essere utili per comprendere quando determinati rischi che in ogni caso è sempre meglio non correre. Conoscere i regolamenti e i propri diritti è cosa fondamentale, anche per evitare di esser furbescamente.