Dall’insediamento al referendum, passando per la pandemia. Quanto prendono i politici? Sforbiciata i quasi un milione per il premier Conte.
Se la questione è capire il “quanto”, la classe politica rappresenta una di quelle più gettonate da chi “scommette” sugli stipendi percepiti. La pandemia da coronavirus ha colpito duramente praticamente ogni settore, in alcuni casi riducendo all’osso le possibilità di garantirsi una ripresa sotto buoni auspici. A settembre era arrivato il Referendum sul taglio dei parlamentari, sponsorizzato dai pentastellati e apprezzato nelle intenzioni dai cittadini. Con ipotesi di risparmio che, in realtà, per una consistente parte dell’opinione pubblica non era poi così consistente.
A voler guardare quanto percepito dai principali politici, a quanto sembra l’impatto del Covid-19 si è fatto sentire anche sui loro portafogli. Dopo anni in salita, quindi, una prima flessione. Anche se le cifre restano inarrivabili.
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Prendendo in esame il caso di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio e politico-simbolo del 2020 (e in un certo senso della pandemia), il calo sembra evidente. Il premier, infatti, avrebbe percepito in un anno 150 mila euro. Tanto, sì, ma addirittura un milione in meno di quanto ha percepito l’anno precedente.
Insediatosi a Palazzo Chigi l’1 giugno 2018, dopo il famoso (e lungo) tira e molla di quei caldissimi giorni di fine primavera, il reddito complessivo del premier Conte si è sostanzialmente ridotto nei suoi anni a Palazzo Chigi. Come riferisce Repubblica, giunto ormai da un pezzo al suo secondo mandato, il presidente del Consiglio avrebbe visto calare nettamente il suo reddito. Dai 370.314 euro che avrebbe dichiarato nel 2019 al milione e 155 mila euro del 2020, si sarebbe arrivati ora 158.474 euro. Ovvero una sforbiciata di circa un milione di euro.
Nessuna variazione comunque della situazione patrimoniale. A guardare la sua precedente professione, ovvero quella di avvocato civilista e professore universitario, Conte dichiarava al Fisco 380 mila euro nel 2018 (riferimento al periodo d’imposta 2017, quindi prima dell’investitura a premier). Il balzo del secondo anno, spiega ancora Repubblica, sarebbe dovuto alla chiusura degli incarichi precedenti. Il che avrebbe portato a una fatturazione, in un solo anno, di una cifra che sarebbe stata altrimenti dilazionata nei vari anni.
Il fatto resta comunque lo stesso: la crisi si è fatta sentire ma gli standard restano inarrivabili.