Disconoscimento paternità: di cosa si tratta e quando può si può far valere

Il Disconoscimento paternità è una pratica non proprio rara che può essere richiesta in diversi casi. Vediamo accuratamente di cosa si tratta

Disconoscimento paternità
Fonte Pixabay

A pronunciarlo può sembrare un atto atroce e piuttosto fuori dal comune, ma nella realtà dei fatti il disconoscimento paterno può essere frutto di diverse situazioni controverse.

Basti pensare ad un uomo che dopo molto tempo scopre di essere genitore di un bambino riconosciuto da un altro o che magari una donna lasci credere al proprio partner di essere padre di un figlio nato da un’altra relazione.

Al contempo il diretto interessato deve accertare con apposite documentazioni di non essere il padre biologico (e che quindi non c’è alcun rapporto di filiazione), compito non proprio semplice soprattutto nel caso in cui siano già passati molti anni.

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Disconoscimento paternità: da chi può essere esercitato?

Si tratta dunque di un’azione giudiziaria con cui domandare davanti ad un giudice presso il tribunale, il disconoscimento della paternità. È bene però fare chiarezza per capire chi e in che modalità può fare questa richiesta.

Oltre al padre presunto, potrà farlo anche il padre effettivo. A questi si aggiungono il figlio, laddove sia maggiorenne, la madre, i discendenti o gli ascendenti, il coniuge o i discendenti del figlio (nel caso sia deceduto senza aver esercitato l’azione). Esiste anche un altro esempio, probabilmente il più eclatante, ovvero quello in cui la domanda può essere portata avanti da un figlio minorenne che abbia almeno 14 anni. In questa circostanza viene coadiuvato da un curatore designato dal un giudice.

Spesso e volentieri questo genere di vertenze prevedono la testimonianza di varie parti in causa, ma lo strumento infallibile per poter appurare il legame di sangue è e rimane l’esame del DNA. 

Per quanto concerne i tempi dipende soprattutto dal soggetto richiedente. Ad esempio nel caso in cui sia il padre (così come avviene la maggior parte delle volte) può farlo entro 12 mesi dalla nascita del bambino o dal giorno in cui è venuto a conoscenza della nascita.

La madre invece può farlo entro 6 mesi dal parto, mentre il figlio entro i 12 mesi che precedono il compimento dei 18 anni. Il termine però è sospeso laddove il soggetto che inoltra la domanda è interdetto per infermità mentale oppure perché è affetto da un’infermità mentale di carattere abituale. 

Laddove l’iter giudiziario andasse a buon fine, non ci sarebbe più nessun obbligo tra le parti e il padre non è più tenuto ad adempiere agli obblighi per istruzione, mantenimento, educazione ed assistenza nei confronti del figlio (che perde anche il cognome del padre) che non è più suo.

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