Il vaccino anti-covid è finalmente arrivato in diverse parti del mondo. Oltre ai benefici in termini di salute, avrà sicuramente un notevole impatto economico
Dalla campagna di vaccinazione anti-covid dipenderà il destino dell’economia mondiale. Può sembrare una frase forte, a tratti un po’ eccessiva, ma è la realtà dei fatti.
La pandemia ha causato una crisi senza precedenti con persone rimaste senza lavoro o che si sono ritrovate costrette a dover chiudere le proprie attività.
In un clima di incertezza così profonda che per forza di cose ci fa aggrappare a qualcosa. In questo momento il vaccino sembra quell’ancora di salvezza, capace di risollevare le sorti dell’intera umanità. Ma andiamo per gradi. La decisione della Germania di aumentare le dosi di vaccino al di sopra del modello stabilito dall’Unione Europea, potrebbe creare un clima di disarmonia che di certo non gioverebbe alla ripresa.
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Concentrandoci sull’Italia, sarà di fondamentale importanza capire come sarà organizzato il piano vaccinale. Dunque, bisognerà capire se le istituzioni saranno in grado di mettere in campo una campagna di vaccinazione tempestiva ed efficace per dar manforte all’economia e scongiurare nuove chiusure che sarebbero deleterie.
Alla luce di ciò gli scenari che si prospettano sono sostanzialmente due: il primo piuttosto ottimistico che a partire dall’autunno 2021 si raggiunga il 70%-80% di persone vaccinate sul suolo nazionale (che favorirà un ritorno alla normalità e quindi ad una crescita economica), il secondo invece decisamente meno roseo dove a causa di ritardi e opinione contraria (sono tanti i no-vax che stanno esternando la loro volontà di non voler essere vaccinati) porterà ad un rallentamento del processo di ripresa. Inoltre in quel caso non è da escludere che si debba fare i conti con nuove restrizioni e scarse possibilità di trovare dei nuovi impieghi.
Le previsioni di crescita sono infatti contrastanti. A quella decisamente ottimistica del 6% ponderata dal Nadef di settembre a quella estremamente negativa dell’1,8%. Una posizione quest’ultima probabilmente più vicina al pensiero dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, secondo cui anche se dovesse esserci un miglioramento a partire dalla prossima primavera, appare difficile realizzare una previsione di una crescita del Pil del 6%.